COSA COMUNICA LA TUA STRETTA DI MANO?

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Inconsapevolmente ci scambiamo con la stretta di mano tutta una serie di informazioni sul nostro status sociale, sul nostro rango e sulle nostre intenzioni. Questo gesto, che è segno di apertura, fornisce molte informazioni su di noi e sulla nostra relazione con l’interlocutore. 

La stretta di mano è il momento iniziale di un rapporto e dobbiamo registrare i messaggi “spontanei” che il nostro interlocutore ci fornisce in questa fase importante. Non è una gara per vedere chi sarà il più forte, quanto piuttosto il mettere le fondamenta ad un rapporto, per cui è un modo per cogliere l’atteggiamento che avrà l’interlocutore ed eventualmente fargli comprendere che non accettiamo la sua modalità.

E TU DI CHE STRETTA SEI?

Quando stringiamo la mano o qualcuno ce la stringe, occorre fare attenzione alla forza usata: se la stretta è forte e decisa si comunica dominanza, se è ancora più forte, si comunica aggressività. In linea di massima la stretta forte e decisa è apprezzata solo da coloro che a loro volta offrono una stretta forte e decisa; in caso contrario potrebbe risultare poco efficace e anche molto fastidiosa.

STRETTA PARITARIALe persone dello stesso livello si stringono la mano in modo tale che i palmi si tocchino in verticale ed è una stretta che denota parità.

 

stretta di mano up downNella stretta di mano con manifestazione di predominio uno dei due interlocutori tiene la propria mano con il palmo rivolto verso il basso obbligando l’interlocutore a tenere il proprio verso l’alto. Chi tiene la mano sopra “controlla” l’altro e ne è predominante.

Allo stesso modo, chi porge la propria mano tenendo il palmo verso l’alto lasciandosela stringere dall’interlocutore che mantiene il controllo, comunica sottomissione e passività.

Fra le strette di mano poco efficaci:

LA MANO STRITOLATRICE: ha l’obiettivo di trasmettere sicurezza e positività. I palmi delle mani sono alla pari ma la pressione è fortissima. Trasmette aggressività e non è affatto piacevole per chi la riceve (a tutte le donne sarà sicuramente capitato di ricevere sgradite strette che diventano dolorosissime se si indossano anelli);

LA MANO MOLLE: La mano molle indica una personalità sfuggente ed evasiva e trasmette remissività e scarsa energia. Non sarebbe neanche definibile “stretta” perché non si stringe la mano dell’interlocutore ma ci si limita a lasciare la propria molle. Non è generalmente gradita;

 STRETTA DELLE FALANGI DELLE DITA: una persona apre la propria mano per stringere quella del conoscente il quale allunga la propria e si lascia stringere solo le ultime due falangi delle dita. Questa stretta trasmette poca sicurezza e poca voglia di stringere la mano dell’altro. Se è una donna a porgere solo le punte delle dita, questo potrebbe essere letto come un atteggiamento altezzoso (porgere la mano per ricevere il baciamano) ed esprime l’aspettativa di un atto di deferenza.

 In generale quindi cerchiamo sempre di valutare che tipo di stretta gradisce il nostro interlocutore aspettando che sia lui il primo a tendere il proprio braccio e a chiudere la stretta. Ci regoleremo di conseguenza, per cui se ci accorgiamo che la stretta è forte potremo a nostra volta effettuare la stessa pressione, rendendogli una stretta che troverà sicuramente piacevole. Al contrario, se ci accorgiamo che la stretta è debole, dovremo ridurre al massimo la pressione.

 

 

 

SVILUPPARE AUTOSTIMA NEGLI ADULTI E NEI BAMBINI

i love me

La considerazione che abbiamo di noi è forse la componente più importante del nostro benessere, inteso come ben-essere, ovvero stare bene nella propria unicità.

E’ un bel concetto quello di unicità che però si scontra con la nostra vita sociale e con i confronti che talvolta generano critiche o giudizi poco positivi.

Il nostro benessere e la nostra autostima si definiscono quindi su due livelli di percezione: una auto-percezione di sé (data da quello che io penso di me stesso) e da una percezione sociale (data da ciò che gli altri pensano di me).

Le due percezioni, che potremmo chiamare i nostri sé-privato e sé pubblico, si condizionano continuamente a vicenda.. Questo significa che se mi sento efficace, metterò in atto comportamenti di efficacia e verrò percepito come tale dall’esterno. Ma anche: se godo della stima e della considerazione degli altri, aumenterò la mia auto-considerazione di persona degna di stima.

Cosa è successo alle persone che hanno una bassa autostima?

Credono poco in se stesse e non hanno ricevuti grossi riscontri dal mondo esterno? Probabilmente è così…o forse viceversa…

self esteem

Certo è che i genitori giocano un ruolo importante nella formazione dell’autostima dei propri figli e hanno grandi responsabilità nei casi di figli con bassa autostima.

Non è certo facile aiutare un figlio che viene deriso dai compagni per un difetto fisico… è chiaro che la difesa del genitore verrebbe letta dal figlio come “Tu-mi-ami-incondizionatamente-e-accetti-i-miei-difetti…ma-non-vuol-dire-che-non-li-abbia..!”.

Quello che dovremo imparare a fare non è tanto negare o criticare le prese in giro ma aiutare i nostri figli ad una presa di coscienza della propria unicità, che darà le basi all’autostima partendo da parametri oggettivi e non da dettami del cuore.

Esempio:

[figlio]: Mamma, mi prendono in giro perché dicono che non capisco niente in matematica..”

[mamma]: Davvero non capisci proprio niente?

[figlio]: A volte sì…ma non sempre…anzi, a volte sono anche più veloce di loro..

[mamma]: Bene, quindi cosa ti fa stare male di quello che dicono i tuoi amici?

[figlio]: Che mi prendono per stupido..

[mamma]: E tu pensi di esserlo veramente? Hai detto che a volte sei anche più veloce di loro..

[figlio]: No! non lo sono!

[mamma]: Allora perché soffri?genitori figli

[figlio]: Hai ragione..grazie! 

INIZIAMO SUBITO…

IL CORPO CHE PARLA

postura

Negli ultimi anni si è dedicata moltissima attenzione alla comunicazione non verbale.

Finalmente gli studiosi di comunicazione hanno compreso che per diventare bravi comunicatori non è importante solo il “saper dire” ma anche il “sapersi comportare” e il saper leggere le reazioni dell’altro.

Sì perché durante un processo di comunicazione, quando trasmettiamo un messaggio ad uno o più interlocutori, non accade praticamente mai che i nostri interlocutori ci rendano feedback di mancata comprensione o di dissenso.. perché lo fanno?

Sembra che lo facciano per timidezza, o perché non vogliono dimostrare di non aver capito o ancora perché non vogliono perdere tempo.

Ma quindi diventa tutto molto difficile…. Come fare?

Innanzitutto è essenziale comprendere come non è possibile pensare di  interpretare il linguaggio del corpo senza tenerne sempre presenti i tre presupposti: la contestualizzazione, la congruenza rispetto al verbale e l’insieme dei segnali.

  1.  LA CONTESTUALIZZAZIONE: è il primo elemento da considerare quando si cerca di leggere il linguaggio analogico. Non è possibile prendere alla lettera un segnale senza inserirlo nel contesto entro il quale si presenta. Ad esempio: in una sala riunioni con i riscaldamenti rotti a metà gennaio potremmo trovare delle persone con braccia conserte e gambe accavallate. Significa che sono in disaccordo su qualcosa? Non possiamo esserne certi, forse sì, ma il fatto che nella sala faccia molto freddo potrebbe aver causato queste posizioni semplicemente per riscaldarsi. Attenzione quindi ad analizzare sempre il contesto in cui ci si trova.
  2. LA CONGRUENZA CON IL LINGUAGGIO VERBALE: il messaggio è più coerente se i due livelli (logico e analogico) sono congruenti tra loro. E’ importante ascoltare bene il messaggio verbale e riconoscere la congruenza dei gesti e delle espressioni rispetto a quanto detto. Se dicessi ad un’amica: “Come stai bene con questo taglio di capelli!” con un tono di voce cantilenante, lo sguardo distratto, un sopracciglio alzato e un finto sorriso stampato sulle labbra, il mio messaggio verbale non apparirebbe credibile perché l’ho negato con il corpo e in questi casi si è portati a fidarsi delle sensazioni ricevute dal non verbale. Porre quindi molta attenzione al nostro corpo: se nega ciò che viene detto con le parole non si è credibili!
  3. L’ INSIEME DEI SEGNALI: come detto nell’esempio appena citato, è fondamentale riuscire a leggere più di un segnale per riuscire ad interpretare il senso del messaggio. I segnali analogici che si osservano devono essere considerati come le parole di una frase: prese singolarmente hanno un significato ma occorre leggerle tutte insieme per dare un senso compiuto alla frase. Attenzione quindi ad osservare tutti i gesti, il tono della voce, lo sguardo, la postura per non cadere in errori di interpretazione.

Imparare a prestare attenzione al linguaggio del corpo da un lato ci permetterà di comprendere un po’ di più del nostro interlocutore, dall’altro ci consentirà di lavorare su noi stessi con l’obiettivo di non trasferire un’immagine sbagliata di noi.

I nostri interlocutori, infatti non ci giudicano solo per quello che diciamo, ma soprattutto per quello che trasmettiamo con il corpo e con la voce.

A seguito di questa premessa c’è sicuramente l’allenamento alla lettura di alcuni segnali della comunicazione non verbale per diventare esperti codificatori del corpo.. ma attenzione!!…leggere il linguaggio del corpo NON E’ interpretare l’altro, ma VEDERLO senza giudizio, al di là di modelli precostituiti..

Questo è il primo compito da esercitare…poi elencheremo i principali segnali non verbali.COPERTINA LIBRO

Per approfondimenti, ecco il link del libro che ho scritto dal titolo IL CORPO CHE PARLA.

Buon esercizio a tutti!

ATTEGGIAMENTO MENTALE POSITIVO O LAMENTELA?

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L’atteggiamento mentale è una disposizione mentale su ciò che viviamo, o più semplicemente il nostro modo di vedere le cose:  c’è chi le vede positive e chi invece tende a vedere tutto nero.

Ci sono delle persone che nonostante abbiano passato una giornata pesantemente critica, la terminano con un sorriso, forti del fatto che peggio di così non potrebbe andare e che sicuramente il giorno successivo porterà belle novità…ce ne sono altre invece che fanno una vera e propria lista delle sventure in cui sono capitate per rafforzare uno stato negativo di sfortuna e rabbia.

Addirittura sono stupita dal numero di persone che di fronte alla domanda: “Come stai?”  fornisce risposte del tipo: “Non male”, “Potrebbe andare peggio..”, “Fammi la domanda di riserva..” sino ad arrivare a casi tragicamente ironici di una risposta che una mia corsista mi ha dato qualche giorno fa: “diciamo che respiro ancora…” !!!!

Al di là dell’atteggiamento personale che può essere a favore del “bicchiere mezzo pieno” o “mezzo vuoto” e che va comunque rispettato, ciò su cui vorrei soffermarmi adesso è riferito ad un articolo che ho letto qualche giorno fa relativamente alle persone che si lamentano e che tendono sempre a vedere il lato negativo.

L’articolo diceva che le lamentele hanno il potere di spegnere i neuroni dell’ippocampo preposti alla risoluzione dei problemi. Nello specifico, i neuroni cerebrali alla lunga tendono a specializzarsi in contenuti di “lagnanza” piuttosto che di problem solving portando la persona a mancare di creatività, di reattività e di propositività.

Effettivamente se penso ad alcune persone che conosco e che hanno questo tipo di approccio, tutto ciò mi suona molto vero..i miei conoscenti “negativi” sono poco creativi e hanno spessissimo la tendenza a crogiolarsi nello stato in cui si trovano piuttosto che uscirne trasformando la crisi in opportunità.

Tra l’altro l’elemento ancora più interessante e scientifico di tutto questo studio è dato dal  SISTEMA DI ATTIVAZIONE RETICOLARE (SAR – RAS: Reticolar Activating System), una zona ben definita nel nostro cervello che ha il compito di filtrare  gli inputs esterni e “decidere” di far entrare solo quelli che sono utili al raggiungimento dei propri obiettivi.

Avete presente quando volete acquistare una macchina di un certo modello e colore? Vi sarà sicuramente capitato di vederne circolare tantissime in giro..ma come è possibile?

A me è capitato che durante i mesi di gravidanza vedessi circolare tutte donne con il pancione… non si è verificato in quegli anni un boom delle nascite..è semplicemente successo che il mio cervello era concentrato verso quell’obiettivo specifico e tendeva a porre il focus solo verso quello, tralasciando altre informazioni poco utili al suo raggiungimento.

Il SAR lavora quindi a nostro vantaggio  ma dobbiamo essere bravi a pianificare correttamente le nostre idee relativamente all’obiettivo con un atteggiamento mentale positivo, altrimenti quello che in maniera fisiologica sarà portato a fare sarà di farci sbattere il naso continuamente contro i fallimenti di altri per il nostro stesso obiettivo o individuerà innumerevoli paletti per il raggiungimento (vedi atteggiamento negativo di alcune persone..).

Cosa fare quindi?

Se entriamo in contatto con persone negative, cercare di evitarle o di non farsi condizionare troppo dal loro atteggiamento..

Se siamo noi i “negativi” dovremmo iniziare consapevolmente ad assumente una disposizione positiva iniziando dai seguenti punti:

  • Decidere consapevolmente di essere positivi;
  • Prendere come modello una persona “positiva”;
  • Iniziare a tenere conversazioni con linguaggio positivo;
  • Porsi piccoli obiettivi giornalieri legati al comportamento positivo;
  • Dirlo pubblicamente

Anche la scelta di un linguaggio positivo, fatto di meno negazioni e rafforzi negativi (purtroppo…sfortunatamente…mi dispiace…sono desolato..) potrebbe aiutare.

Quindi, per il nostro bene e per quello di chi ci sta vicino….happyfingers

INIZIAMO SUBITO???