DIMMI COME SCRIVI…

scrivere

Lo sapete che la scrittura rivela la nostra personalità e le nostre inclinazioni?

Se durante un colloquio di lavoro, l’esaminatore vi dovesse chiedere di scrivere in dieci righe circa una descrizione di voi, non allarmatevi… è una pratica ormai diffusa quella di analizzare la grafia dei candidati.

La grafologia è una disciplina complessa che studia il gesto grafico (la nostra scrittura) evincendone molti lati di noi e del nostro carattere. Nello specifico, una competente analisi della scrittura serve a :

  • Rivelare il carattere di una persona (se è socievole o solitaria, generosa o avara, spontanea o razionale, impulsiva o controllata ecc..)
  • Rivelare il livello di intelligenza (se il suo pensiero è veloce o lento, profondo o superficiale, astratto o concreto, ecc..)
  • Rivelare le risorse professionali e le attitudini.

Quali sono gli aspetti da considerare nell’ interpretazione della scrittura? Eccone alcuni.

  • La pressione che viene esercitata sul foglio con la penna è un primo facile elemento di osservazione ed è indice della virilità ma anche di stati d’animo ansiosi e nervosi. Si riconosce perché, se passiamo le dita sul retro del foglio, ne percepiamo i solchi profondi. Chi scrive facendo molta pressione racconta di sé come una persona che prende le cose sul serio e trasferisce un carattere rigido e volubile. Chi scrive a tratto leggero, invece, comunica sensibilità e compassionevole, anche se può non essere molto vivace o energico.

grafologia pressione.jpg

  • L’inclinazione (o la pendenza): è indice di dove l’individuo pone il suo centro di gravità: dentro di sé o fuori di sé e può essere dritta, inclinata verso destra o inclinata verso sinistra. L’assenza di pendenza, rivela una personalità equilibrata, razionale, diplomatica, orientata al presente. La scrittura inclinata verso sinistra rivela una personalità tendente alla riservatezza, diffidente, che non si mostra agli altri, orientata al passato. La scrittura pendente verso destra rivela invece una personalità aperta verso gli altri, socievole, orientata al futuro, che cerca di provare nuove esperienze e di fare nuovi incontri, ottimista. **A questa regola esiste un’eccezione. Se chi scrive è mancino, occorrerà analizzare le inclinazioni a destra e sinistra e ciò che comunicano all’inverso**

 grafologia inclinazione.jpg

  • La distanza fra le parole scritte fornisce altre utili informazioni su chi scrive e si valuta osservando lo spazio tra una parola e quella seguente.  Chi scrive ammassando le parole ravvicinandole molto fra loro, trasmette una mancanza di visione panoramica, scarso spirito critico, può essere sintomo di disordine e di uno stato mentale in perenne agitazione. La persona che scrive agisce senza pensare troppo alle conseguenze delle sue parole e dei suoi comportamenti. Spesso è ingenua, imprudente, impulsiva e non gradisce rimanere sola. Probabilmente sceglie di circondarsi sempre di molte persone e potrebbe avere dei problemi a rispettare la distanza personale altrui. Chi invece scrive tenendo una buona distanza fra le parole ama l’indipendenza e gli spazi aperti. Non apprezza essere soffocata e dà valore alla propria libertà. Spesso questo segno rivela una forte tendenza alla critica (che sfocia facilmente nell’ipercritica) sia verso gli altri che verso di sé.

grafologia distanza

  • La dimensione delle lettere rivela il tipo di rapporto che ci lega con gli altri, ovvero comunica quanta importanza il soggetto attribuisce agli altri e a se stesso. Indica anche quanto è grande il bisogno di spazio interiore. Se il soggetto ha la tendenza a scrivere con una calligrafia piccolissima, è una persona in grado di godere delle piccole cose della vita e capace di focalizzarsi sui dettagli. Sicuramente è una persona introspettiva, meticolosa e di attenta concentrazione. Se invece ha la tendenza a scrivere lettere grandi, è una persona estroversa, socievole, che ama essere al centro dell’attenzione.

grafologia dimensione

write blog

Questi i principali indicatori. Mi sono posta l’obiettivo di scrivere un post successivamente con altre indicazioni su cosa comunicano le firme, le singole lettere e analizzare scritture di persone famose. 

 

Alla prossima!!


Per chi volesse approfondire, ecco due testi che ho trovato molto utili:

Grafologia. Corso pratico per analizzare la personalità interpretando la scrittura di  C.Chinaglia, A.Davia, L’Airone Editrice, Roma

Come riconoscere un manager dalla scrittura di C. Poma, Franco Angeli Editore, Milano

DIMMI COME SCRIVI…

scrivere

Lo sapete che la scrittura rivela la nostra personalità e le nostre inclinazioni?

Se durante un colloquio di lavoro, l’esaminatore vi dovesse chiedere di scrivere in dieci righe circa una descrizione di voi, non allarmatevi… è una pratica ormai diffusa quella di analizzare la grafia dei candidati.

La grafologia è una disciplina complessa che studia il gesto grafico (la nostra scrittura) evincendone molti lati di noi e del nostro carattere. Nello specifico, una competente analisi della scrittura serve a :

  • Rivelare il carattere di una persona (se è socievole o solitaria, generosa o avara, spontanea o razionale, impulsiva o controllata ecc..)
  • Rivelare il livello di intelligenza (se il suo pensiero è veloce o lento, profondo o superficiale, astratto o concreto, ecc..)
  • Rivelare le risorse professionali e le attitudini.

Quali sono gli aspetti da considerare nell’ interpretazione della scrittura? Eccone alcuni.

  • La pressione che viene esercitata sul foglio con la penna è un primo facile elemento di osservazione ed è indice della virilità ma anche di stati d’animo ansiosi e nervosi. Si riconosce perché, se passiamo le dita sul retro del foglio, ne percepiamo i solchi profondi. Chi scrive facendo molta pressione racconta di sé come una persona che prende le cose sul serio e trasferisce un carattere rigido e volubile. Chi scrive a tratto leggero, invece, comunica sensibilità e compassionevole, anche se può non essere molto vivace o energico.

grafologia pressione.jpg

  • L’inclinazione (o la pendenza): è indice di dove l’individuo pone il suo centro di gravità: dentro di sé o fuori di sé e può essere dritta, inclinata verso destra o inclinata verso sinistra. L’assenza di pendenza, rivela una personalità equilibrata, razionale, diplomatica, orientata al presente. La scrittura inclinata verso sinistra rivela una personalità tendente alla riservatezza, diffidente, che non si mostra agli altri, orientata al passato. La scrittura pendente verso destra rivela invece una personalità aperta verso gli altri, socievole, orientata al futuro, che cerca di provare nuove esperienze e di fare nuovi incontri, ottimista. **A questa regola esiste un’eccezione. Se chi scrive è mancino, occorrerà analizzare le inclinazioni a destra e sinistra e ciò che comunicano all’inverso**

 grafologia inclinazione.jpg

  • La distanza fra le parole scritte fornisce altre utili informazioni su chi scrive e si valuta osservando lo spazio tra una parola e quella seguente.  Chi scrive ammassando le parole ravvicinandole molto fra loro, trasmette una mancanza di visione panoramica, scarso spirito critico, può essere sintomo di disordine e di uno stato mentale in perenne agitazione. La persona che scrive agisce senza pensare troppo alle conseguenze delle sue parole e dei suoi comportamenti. Spesso è ingenua, imprudente, impulsiva e non gradisce rimanere sola. Probabilmente sceglie di circondarsi sempre di molte persone e potrebbe avere dei problemi a rispettare la distanza personale altrui. Chi invece scrive tenendo una buona distanza fra le parole ama l’indipendenza e gli spazi aperti. Non apprezza essere soffocata e dà valore alla propria libertà. Spesso questo segno rivela una forte tendenza alla critica (che sfocia facilmente nell’ipercritica) sia verso gli altri che verso di sé.

grafologia distanza

  • La dimensione delle lettere rivela il tipo di rapporto che ci lega con gli altri, ovvero comunica quanta importanza il soggetto attribuisce agli altri e a se stesso. Indica anche quanto è grande il bisogno di spazio interiore. Se il soggetto ha la tendenza a scrivere con una calligrafia piccolissima, è una persona in grado di godere delle piccole cose della vita e capace di focalizzarsi sui dettagli. Sicuramente è una persona introspettiva, meticolosa e di attenta concentrazione. Se invece ha la tendenza a scrivere lettere grandi, è una persona estroversa, socievole, che ama essere al centro dell’attenzione.

grafologia dimensione

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Questi i principali indicatori. Mi sono posta l’obiettivo di scrivere un post successivamente con altre indicazioni su cosa comunicano le firme, le singole lettere e analizzare scritture di persone famose. 

 

Alla prossima!!


Per chi volesse approfondire, ecco due testi che ho trovato molto utili:

Grafologia. Corso pratico per analizzare la personalità interpretando la scrittura di  C.Chinaglia, A.Davia, L’Airone Editrice, Roma

Come riconoscere un manager dalla scrittura di C. Poma, Franco Angeli Editore, Milano

COME MOTIVARE I COLLABORATORI?

motivare-un-team

Si legge tanto su come raggiungere gli obiettivi, come gestire i collaboratori, come selezionare e mantenere in azienda i talenti…ma la vera difficoltà per un manager è riuscire a TENERE ALTA LA MOTIVAZIONE DEL PROPRIO TEAM.

Sappiamo bene (perché ci siamo passati) che il capo che ti dice “dovresti essere più motivato!” non aiuta, genera frustrazione, talvolta rabbia…e un collaboratore demotivato è poco performante e non raggiunge gli obiettivi – propri o di team.

Qual è il modo giusto quindi per motivare un collaboratore?

Oggi più che mai, in un momento sociale di crisi economica delle aziende, la motivazione dei collaboratori diventa uno scopo fondamentale e anche un problema, perché sino ad ora si è sempre ricorsi alla ricompensa monetaria. Non sempre però si possono applicare gli incentivi economici, inoltre le statistiche dicono che questi portano risultati modesti e nel breve periodo.

Quali allora le dritte per motivare?

Per arrivarci, ecco i risultati di un’altra indagine rivolta ad un certo numero di dipendenti, volta all’ottenimento delle cause della loro demotivazione in azienda. Alla domanda “cosa ti demotiva maggiormente in una giornata lavorativa?” ecco le risposte, in ordine di importanza:

  1. Il mio capo non mi ascolta. Fa sempre quello che ha in mente.
  2. Il mio capo ha un pessimo carattere, è aggressivo e incapace di fare apprezzamenti.
  3. Ci spreme e poi non mantiene le promesse.
  4. Non ci fa crescere, è poco delegante e trasferisce poco le sue conoscenze.

Mi soffermerei qui….

Cosa si può evincere da questi dati? Sembrerebbe che tutto parta dall’atteggiamento del capo.

MY FAULTDelusi? Perché?

In fin dei conti, se ci spostiamo in ambito sportivo, quando una squadra è poco performante, tutti sono d’accordo nel cambiare il coach..attribuendo a lui la responsabilità dei risultati del team.

Abbiamo avuto invece la possibilità di maturare una nuova e utilissima consapevolezza:

 

GRAN PARTE DELLA LORO MOTIVAZIONE DIPENDE DA NOI!

Chiediamoci allora:

–      Sono un modello per loro?

–      Si sentono importanti nel mio team?

–      Sono bravo a entusiasmarli?

–      Uso un linguaggio positivo e motivante?

–      Sono motivante nel mio comportamento e nelle mie parole?

 

Ecco allora qualche suggerimento per motivare lavorando sul proprio atteggiamento.

  1. DAI RILEVANZA A TUTTI:

RELEVANCEPer creare un ambiente motivante occorre fare il possibile per valorizzare il lavoro dei singoli assicurandosi che ogni collaboratore si senta utile e portatore di “valore aggiunto”. Non c’è cosa peggiore di sapere di fare un’attività poco utile, poco considerata, superflua o di basso interesse per l’azienda.

  1. DELEGA:

delegarI collaboratori che sono già formati e con un’alta seniority aziendale non sono contenti di avere il fiato sul collo o di essere considerati solo dei “passa-carte”. Troppo controllo a volte è controproducente perché avvilisce alcuni e ne deresponsabilizza altri. Dimostra invece ai tuoi collaboratori che ti fidi di loro, che sai che opereranno bene e comunque per il bene dell’azienda, intervieni solo se non raggiungono l’obiettivo che ti eri posto per loro.

  1. RICONOSCI I MERITI NEL MODO GIUSTO

GRATIFICAREIl lavoro del gruppo deve sempre essere valorizzato, apprezzato, monitorato. Gli apprezzamenti generici tipo “Bene!”, “Ben fatto!” e magari anche un “Continua così..”, vengono vissuti come una modalità paternalistica e non come invece il giusto feedback in una relazione professionale paritaria di reciproca stima. Il corretto feedback invece deve essere contestualizzato al risultato ottenuto o all’impegno messo in atto: “Sei riuscito a completare l’attività nonostante tutti gli inconvenienti accaduti, molto bene!”  oppure “il tuo comportamento durante la riunione è stato apprezzato da tutti e molto utile per analizzare la nostra situazione. Per favore, agisci sempre in questo modo!”.

Un buon riconoscimento fa sempre bene: non siate avari nelle lodi!

  1. FAI STARE BENE IL TUO TEAM

HAPPYTEAMPer far lavorare bene qualcuno occorre creargli un contesto sereno, sicuro e disteso. Le persone demotivate spesso lavorano in ambienti tristi o angoscianti. Assicuratevi di aver creato un ambiente giocoso e in cui nessuno si sente pressato o giudicato. Alcuni dipendenti producono poco perché si sentono giudicati nei loro errori e sono stati redarguiti pubblicamente. Create una zona “relax” con frutta fresca, svaghi o altro per consentire alle persone di “staccare” la spina e riprendere con maggiore slancio. Proteggili se sbagliano nei confronti delle altre aree aziendali o dei clienti: un team motivato ha bisogno di un capitano che lo “protegga” sempre.

  1. COMUNICA CON GENTILEZZA E RISPETTO

netiquetteComunicare con gentilezza e rispetto aiuta le persone a sentirsi accettate e sicure e instaura un rapporto basato sulla stima reciproca e sulla fiducia. Un ambiente di lavoro basato sulla paura di una reazione del proprio capo o peggio, sul timore di un’umiliazione non è affatto motivante. Le persone devono poter imparare dai propri errori e devono volere fortemente comprendere i meccanismi che le hanno portate a sbagliare. I modi sgarbati o gli attacchi frontali hanno come unico effetto la creazione di alibi del dipendente, spesso usati come difesa.

  1. DAI LORO UN ESEMPIO DA SEGUIRE

EXAMPLEIniziare la giornata con un bel “Buongiorno!”, con entusiasmo e trasferendo passione per il proprio lavoro è fonte di motivazione nonché di grande esempio. Delega il giusto, ma aiutali quando li vedi in difficoltà..questo li porterà a fare lo stesso fra loro e darsi supporto vicendevolmente. Mangia con loro, non rimanere chiuso in ufficio a lavorare, la condivisione è un momento importante e fornisce al team un modello di vita comune anche fuori del normale orario lavorativo.

Spero di aver fornito qualche utile spunto di riflessione e di azione.

Inizia domani, fai il giro degli uffici e salutali, verifica come stanno, come lavorano…osservali!

Alla prossima!

CONFLITTI VERBALI E AGGRESSIVITA’: COME GESTIRE PERSONE DIFFICILI

aggressivo

Un’azienda su sette è ad alto rischio di prepotenze e prevaricazioni, secondo una ricerca di SDA Bocconi in collaborazione con INAIL dei primi mesi del 2016. 

Ma non vale solo per le aziende..

Quando accompagno i miei figli al parco giochi noto come i bambini si mostrano spesso aggressivi e prevaricanti fra loro e guai ad intervenire in un loro litigio, perché si potrebbe scatenare l’ira del suo genitore, ancor più aggressivo e prevaricante del figlio.

Si potrebbe dire, generalizzando, che viviamo in un mondo pieno di persone difficili da gestire: aggressive, maleducate, prepotenti, supponenti, arroganti e superbe.

bad good

La cattiva notizia è che non le cambieremo mai. Non fa parte del nostro ruolo..

La buona notizia è che possiamo apprendere a gestirle interagendo correttamente e senza doverle “subire”.

Perché, se ci avete fatto caso, queste persone non mettono in atto gli stessi comportamenti con tutti ma hanno la tendenza a infierire con alcune tipologie di interlocutori specifici. Si tratta allora di gestire la relazione con queste persone nel modo giusto, utilizzando tecniche comunicative precise e con consapevolezza.

 Vediamone insieme qualcuna:

question mark1. Imparare a rispondere con una domanda anziché di reagire d’istinto: l’attacco verbale è messo in atto volutamente per ferirci ed è normale che la risposta istintiva esca dalla nostra bocca per colpire a nostra volta. Ma fare una domanda al posto del contrattacco ha almeno 4 significati strategici:

  • diventare padroni della conversazione
  • non dargli soddisfazione
  • metterlo nella condizione di dover elaborare una risposta
  • prendere tempo per controllare e gestire le proprie emozioni

2. Mettere in atto un ascolto empatico: chiedetevi il motivo per cui questa persona siempathic listening comporta in questo modo e provate a immaginare cosa potrebbe esserci dietro a comportamenti di questo tipo (insoddisfazione? Malcontento? Rabbia repressa troppo a lungo? Rabbia? Frustrazione?). Questo atteggiamento dovrebbe aiutarvi a relazionarvi in un modo più morbido e comprensivo e questo potrebbe aprire una cooperazione o comunque far diminuire il livello di aggressività dell’altro. Un atteggiamento aperto all’ascolto in una relazione aggressiva è una bella risposta di forza interiore e consapevolezza e tenderete a destabilizzare la persona difficile.

3. Tenere sempre presente il proprio obiettivo: nelle situazioni difficili a volte perdiamozen approach di vista il nostro obiettivo e tendiamo a farci coinvolgere emotivamente. Ma come si può portare avanti una strategia se si ha la vista annebbiata? Rimanere focalizzati su ciò che è importante per noi è una tecnica non semplicissima ma utile e efficace.

4. Utilizzare un approccio assertivo: con il comportamento assertivo è possibileassertiveness affrontare le persone aggressive gestendole con determinazione, tirando loro le orecchie, ma sempre rimanendo nel giusto. L’approccio assertivo è una strategia vera e propria che pone le sue basi sul concetto di “non mi faccio calpestare la mia dignità”e al contempo non calpesto la dignità degli altri”.

 

E se in azienda si ha a che fare con un capo con queste caratteristiche?

Si possono utilizzare i 4 punti sopra elencati per rispondere in maniera adeguata ed efficace gestendo i comportamenti aggressivi e il ruolo gerarchico del proprio interlocutore.

Vediamo come..

  1. Domandarsi quale potrebbe essere il comportamento più utile in una situazione come quella (SERVE A FORZARE L’OGGETTIVAZIONE E AD ABBASSARE LA COMPONENTE EMOTIVA);
  2. Domandarsi cosa si vorrebbe ottenere da quello scambio comunicativo (SERVE PER TENERE A MENTE L’OBIETTIVO);
  3. Pensare a come potrebbe sentirsi il nostro interlocutore in quel momento e quale potrebbe essere il suo stato di difficoltà per reagire in quel modo (ASCOLTO EMPATICO, SERVE PER COMPRENDERE IL PUNTO DI VISTA DELL’ALTRO);
  4. Rallentare la velocità del proprio eloquio forzandosi a parlare lentamente (DOPPIA FINALITA’: MISURARE LE PAROLE E DARE LA PERCEZIONE DI ESSERE CALMI E DETERMINATI);
  5. Fatelo concentrare sugli aspetti positivi (SERVE PER INIZIARE UNA COMUNICAZIONE NON BASATA SUL BOTTA E RISPOSTA). Esempio: “Io sono il capo!” “Bene, è importante avere una figura di riferimento e esperienza nel team. Cosa suggerisci quindi?”.

Questo ultimo punto è importantissimo perché in base ad alcuni studi pubblicati sul Journal of Experimental Social Psychology una persona in posizione di potere che è solita gestire le proprie relazioni con aggressività, ha la tendenza a ridurre il livello di aggressività espressa se riceve dai propri collaboratori consenso ed approvazione appagando il suo bisogno di sicurezza.♥♥

In fin dei conti anche i cattivi hanno un cuore….pitbull

Alla prossima!

 

IGNORANZA O INDIFFERENZA?

ignor o indiff 2_n.png

 

Mi capita spesso di trovare in aula alcuni dipendenti demotivati…

Ho compreso che la loro motivazione non è quasi mai data da fattori di tipo economico (aumenti di stipendio, bonus, ecc..) né da fattori legati alla carriera, essi lavorano piuttosto con una bassa motivazione in relazione all’indifferenza aziendale verso le risorse umane.

Cos’è l’indifferenza?

E’ uno stato affettivo neutro che si manifesta con  assenza di considerazione, insensibilità, distacco e freddezza.

E’ lecito vivere relazioni con indifferenza, nella misura in cui non si è interessati alla relazione con alcune particolari persone.

Ma mi domando: qual è l’utilità di mostrare indifferenza verso i propri collaboratori? indifferent.jpg

Non è forse controproducente spingere un collaboratore alla demotivazione e alla frustrazione di una bassa considerazione?

Alcuni manager sono indifferenti per problematiche personali:

  • faticano a entrare in empatia e quindi mancano di coinvolgimento emotivo,
  • vogliono proteggere se stessi
  • hanno una natura fredda e distaccata
  • utilizzano l’indifferenza come strumento di manipolazione (strumento di punizione)

 

Altri manager invece sono indifferenti per ragioni legate al proprio ruolo professionale:

  • ignorano perché pensano che mostrando comprensione, il dipendente potrebbe approfittarne
  • temono che la loro leadership possa essere indebolita da un atteggiamento più “friendly”
  • pensano che essere partecipi e comprensivi con un dipendente possa significare non poter pretendere più nulla da lui
  • sono convinti che il loro ruolo non sia quello di fare “gli assistenti sociali”
  • non hanno mai abbastanza tempo

 

Alcuni invece manifestano un’indifferenza celata da partecipazione, si tratta di altri errori tipici che hanno in comune la mancata considerazione del proprio collaboratore:boss

  • parlano di se stessi e delle proprie esperienze pensando di aiutare
  • vanno direttamente alla soluzione (la propria!) del problema presentato dal collaboratore
  • pensano che aiutare sia FARE e non ASCOLTARE
  • giudicano apertamente il collaboratore screditandolo, mettendo sul ridere ciò che viene presentato.

 

Siete dei capi? Quali di questi errori commettete?

 

Quali errori invece commettono i vostri capi?

ALLA PROSSIMA!!

E-MAIL BON TON: IL GALATEO PER CHI SCRIVE MAIL

netiquette.png

Da molti anni le mail hanno soppiantato le lettere, i fax e le comunicazioni formali di natura professionale (spesso anche buona parte delle comunicazioni verbali tra colleghi dello stesso ufficio..).

Leggere su un monitor è decisamente più faticoso che sulla carta. La lettura è più lenta del 25% ed è stato calcolato che il 75% degli utenti non legge riga per riga ma scorre il testo. Dobbiamo quindi fare i conti con l’impazienza dell’utente web.

 Per questa sorta di impazienza è fondamentale dare subito la parte importante per catturare l’attenzione e creare un buon “clima comunicativo”.

Sfortunatamente però quest’ultima azione spesso non è tenuta da conto per la velocità nello scrivere una e-mail e perché si pensa che nella comunicazione scritta passino solo le parole e non “i modi”.

 Nel 1995 Sally Hambridge pubblicò un lungo documento relativo all’uso della posta elettronica con l’obiettivo di fornire le fondamentali direttive della netiquette, ovvero delle regole della buona educazione sul web.

Esiste quindi un galateo della rete che vorrei presentare per fornire alcuni dei principi fondamentali a cui attenersi durante la preparazione di una mail per scrivere elegantemente e risultare efficaci e gentili comunicatori.

guidelines

1) IL CAMPO OGGETTO: il campo oggetto va sempre inserito perché aiuta a capire in modo immediato il tema del messaggio e la priorità da assegnargli. Ha l’obiettivo di segnalare “in miniatura” ciò che sarà trattato nella mail.  Occorre seguire alcune regole precise:

  • TOGLIERE I RIFERIMENTI ALLE MAIL PRECEDENTI (/r:, /r:,/r:….)
  • INIZIARE CON LETTERA MAIUSCOLA
  • NON SERVE SCRIVERE IN STAMPATELLO
  • NON USARE FRASI GENERICHE O ESPRESSIONI VAGHE (“Recapiti” = Indirizzi fornitori Lombardia ** “ file allegato” = Invio relazione di bilancio 2011 ** “ Bozza” = Bozza mailing per nuovi clienti ** “ Varie” =  Ultima riunione del 10 giugno u.s.: riflessioni)

2) CHIAREZZA DEL LINGUAGGIO: la chiarezza è il risultato di un linguaggio diretto, privo di circonlocuzioni ed espressioni prolisse.  Per esprimersi con chiarezza e valorizzare il testo è utile:

  • NON USARE LA TERZA PERSONA (rende impersonale)
  • NON USARE ESAGERATAMENTE LE MAIUSCOLE (rallentano la lettura)
  • NON ESAGERARE CON LA TERMINOLOGIA STRANIERA
  • USARE LE ABBREVIAZIONI IL MENO POSSIBILE
  • DI NORMA CREARE UN CAPOVERSO OGNI 6/7 RIGHE DI TESTOkiss
  • ATTENERSI ALLA REGOLA DEL KISS = keep it simple and short

 

 

3) SLANG AZIENDALE E PAROLE STRANIERE: usare ove possibile termini nella nostra lingua:  Scadenza e non deadline,  Diagramma e non  chart,  Competenze e non know-how,  Pranzo e non lunch,  Azienda e non Compagnia, ecc..

4) I NUMERI: fino a dieci compreso si scrivono in lettere. Fanno eccezione le date, le indicazioni degli orari e nelle comunicazioni commerciali/economiche i cento/mille, mila, milioni di Euro.

5) USO DEL MAIUSCOLO E DEL GRASSETTO: l’utilizzo del maiuscolo nel testo dei messaggi è assolutamente da evitare: nella rete questo comportamento equivale a URLARE ed è percepito come maleducato e aggressivo.

exclamation mark6) USO DEI PUNTI ESCLAMATIVI E INTERROGATIVI: limitarsi all’utilizzo di un solo punto interrogativo o esclamativo perché nella rete eccedere con questi segni di punteggiatura equivale a URLARE ed è percepito come maleducato e aggressivo.

7) EMOTICONS: deriva da emotion e icons, traducibile in icone emotive. Utili solo in contesti amicali per sdrammatizzare o per contestualizzare. Farne un uso parsimonioso nelle mail professionali e aziendali, inoltre in caso di utilizzo essere certi dei significati che ricoprono.

8) I PUNTINI DI SOSPENSIONE: sarebbero da evitare perché rallentano la lettura, ma se proprio volessimo usare questa modalità per creare una breve interruzione e suspence, utilizzarne sempre tre ( non quattro).

9) LE RISPOSTE: è buona educazione rispondere sempre alle mail per far comprendere al mittente di aver ricevuto e compreso il messaggio. Se si riceve una mail in cc  è buona norma attendere che il sia il destinatario il primo a rispondere. Se non lo dovesse fare in breve tempo, inoltrare una risposta al solo mittente.

10) RILEGGERE IL TESTO: rileggere tutto il messaggio prima di inoltrarlo al destinatario è buona norma per controllare che non vi siano errori grammaticali o di punteggiatura. I messaggi sgrammaticati denotano una mancanza di rispetto verso il destinatario.email-cartoon

Ultimo suggerimento, ma non per ordine di importanza, evitare di utilizzare il mezzo mail per comunicazioni molto personali, urgenti, o di “auguri in serie”. I messaggi di auguri di Natale, ad esempio, mandati a molti destinatari risultano impersonali e generalmente sono poco apprezzati.

Voi che errori fate?

 

PERCHE’ SI FANNO SCARABOCCHI MENTRE SI PARLA AL TELEFONO?

scarabocchi.jpg

Quante volte vi è capitato di parlare al telefono e iniziare, in maniera incontrollata, a disegnare scarabocchi?

Si tratta di un gesto per ingannare la noia o per aiutarci a concentrarci meglio sull’ascolto, ma avete mai pensato che anche questi segni, chiamati dagli psicologi americani doodles, raccontano qualcosa di noi?

Ebbene sì…i disegni e gli scarabocchi che possono sembrare insignificanti “pasticci” per ingannare il tempo durante l’ascolto, svelano molte cose di noi. Nello specifico, ogni cosa ha un significato preciso: frecce, cerchi, stelle, fiorellini, grovigli di linee e altro, sono rivelatori del carattere e delle preoccupazioni di una persona.

Sembra che gli scarabocchi che disegniamo mentre siamo al telefono, siano un riflesso della capacità dissociativa della nostra mente: mentre da una parte siamo concentrati con la nostra parte conscia alla conversazione, dall’altra a livello inconscio esprimiamo i nostri sentimenti e emozioni attraverso forme disegnate.

Vediamone insieme alcune tra le più frequenti:

doodle-arrows.jpgLE FRECCE: caratterizzano una fase particolarmente energetica e creativa. Se disegnate verso l’alto segnalano ambizione e affermazione sociale, mentre verso il basso potrebbero segnalare un po’ di aggressività verso se stessi. Se verso destra indicano ancora il bisogno di una crescita personale, mentre verso sinistra segnalano criticità nei confronti della famiglia.

LE STELLE: sono un indicatore di persona idealista, un sognatore a occhi aperti.

geometric shapes.jpg

LE FIGURE GEOMETRICHE (quadrati, rombi, cubi, pentagoni, ecc..): sono segnali tipici di una fase molto razionale e stabile. I cerchi sono più femminili e indicano accoglienza e adattamento, se le figure sono chiuse e non hanno tratti aperti, segnalano stabilità emotiva.

UN GROVIGLIO: è segnale di un momento in cui non si vuole far trasparire il proprio stato d’animo o le preoccupazioni relative a quanto si sta vivendo. E’ tipico delle persone che vogliono mostrarsi forti ma che hanno alcune insicurezze.

annerimento

ANNERIRE GLI SPAZI NELLE LETTERE: è un indicatore di ansia per il timore di sbagliare. Spesso questo scarabocchio in contesti professionali rivela personalità che vogliono svolgere i propri compiti in maniera completa, ordinata e rigorosa.

 

Oltre alla tipologia specifica di scarabocchio, occorrerebbe anche fare attenzione al tratto: se è molto ricalcato indica ansia, paure e aggressività. Se invece il tratto è più leggero, con poca pressione potrebbe indicare scarso coinvolgimento, passività o scarsa attenzione.

La posizione comunica a sua volta qualcosa: se lo scarabocchio viene fatto al centro della pagina indica il bisogno di una realizzazione personale, se fatto in alto indica fiducia in se stessi; gli scarabocchi fatti a destra segnalano bisogno di comunicare, mentre quelli fatti a sinistra informano su tendenze malinconiche, nostalgiche o passive.

E chi invece scarabocchia scrivendo ripetutamente la propria firma?

Questa tipologia di scarabocchio indica una personalità insicura e il bisogno di definire la propria identità.

Alcuni adolescenti, nella fase del bisogno di definire la propria individualità hanno lafirme tendenza a riempire interi fogli con la propria firma, magari sotto imitazione di quella dei amici o dei genitori stessi. Non è il caso di rimproverarli, è una normale fase e significa che non hanno ancora una personalità stabile e stanno cercando dei modelli in cui identificarsi.

 Anche i bambini più piccoli scarabocchiano…e questo è il loro modo di comunicare con il mondo esterno: disegnano case, alberi, soli, cerchi che potrebbero sembrare confusi ma che comunicano sempre qualcosa.

Mi sono innamorata di un disegno fatto da mio figlio e ne ho letto l’interpretazione psicologica…un insignificante albero stava rivelando l’essenza di mio figlio, il suo rapporto con me e la sua sicurezza nel contesto famigliare e nei confronti degli altri..mi sono commossa!


 

Se volete approfondire, ecco alcuni testi interessanti:
  • Ezio Compagnoni, “Scarabocchi e non solo”, Ed. La Meridiana, 2010
  • PaolaFederici , “ Gli adulti di fronte ai disegni dei bambini”, FrancoAngeli, 2005
  • Evi Crotti, Alberto Magni “I disegni dell’inconscio. Come interpretare i disegni degli adulti”, Oscar Mondadori, 2011
  • EviCrotti , AlbertoMagni , “Non sono scarabocchi”, Red Edizioni, 2002

 

Alla prossima!

GESTIRE I PARTECIPANTI DI UNA RIUNIONE

assicurazione-condominio

 

Vi è mai capitato di assistere a litigi durante una riunione in azienda?

Di non comprendere le modalità talvolta poco professionali e poco educate utilizzate?

Immagino che abbiate anche potuto notare come talvolta gli interventi non sono stati solo maleducati e poco professionali ma anche prevaricanti.

Gestire le relazioni tra i partecipanti all’interno di una riunione non è cosa facile, soprattutto se il leader della riunione non è gerarchicamente il capo dei partecipanti. Un team è un microcosmo di caratteri e personalità che, se già possono essere complesse prese singolarmente, in gruppo diventano ancor di più difficile gestione.

Spesso gli atteggiamenti troppo emotivi portano allo sviluppo di dibattiti e di discussioni che non hanno nulla a che vedere con l’agenda del meeting. Questo è fisiologico: ogni invitato presenzia alla riunione portandosi dietro le proprie preoccupazioni, problematiche, simpatie e fa fatica a liberarsene. Molti partecipanti con questi atteggiamenti creano poi gruppi che si perdono nei dettagli e che sono inconcludenti.

Possiamo ricorrere all’aiuto della psicologia della gestione dei gruppi di lavoro perché vi sono alcune dinamiche ripetitive facilmente gestibili; nello specifico si possono identificare le seguenti tipologie di personaggi difficili.

 

question-manIL DOMANDOLOGO: E’ il partecipante che ha bisogno di fare continue richieste di approfondimento. Le domande di per sé sono un segnale di attenzione e di grande interesse (purché poste con toni tranquilli e non polemici), ma in generale si definisce domandologo il partecipante che eccede con le domande e arriva a disturbare gli altri e a farci perdere tempo. E’ importante porsi in maniera simpatica perché questo partecipante è una figura positiva e partecipativa all’interno della riunione, per cui l’ironia non deve essere un rilancio passivo ma una semplice battuta tipo: “come mai non mi hai ancora fatto domande?” accompagnandola con un sorriso e magari con una strizzata d’occhio. Questo tipo di gestione può funzionare meglio in ambienti informali.

 IL LOGORROICO: E’ il partecipante è che lungo e prolisso nei suoi interventi: non possiamo essere certi che sia solo un chiacchierone senza sosta oppure un accentratore, ciò che è importante ai fini della riunione è che i suoi interventi fanno perdere tempo e infastidiscono gli altri partecipanti. In questo caso la leadership deve emergere ed essere ben visibile, altrimenti gli altri partecipanti potrebbero percepire il conduttore come uno senza la capacità di gestione del team e del tempo. Tra l’altro, poiché uno degli obiettivi del leader è quello di fare partecipare tutto il gruppo per poter progredire nei lavori, è fondamentale bloccare gli interventi di questo partecipante. Il leader deve chiedere gentilmente al logorroico di aiutarlo a rispettare i tempi dedicati ai singoli punti in agenda e può rafforzare questa richiesta costituendosi un alleato nel timekeeper che a questo punto dovrà fare il “gioco sporco” è interrompere il logorroico al posto del leader segnalando che non si ha molto tempo residuo.  mormoratore

 

IL MORMORATORE: E’ un partecipante innocuo ma molto fastidioso perché crea un brusio di sottofondo che disturba e inoltre coinvolge nella sua perdita di attenzione anche i colleghi seduti al suo fianco. Bisogna stare attenti a irrigidirsi subito perché nelle riunioni può capitare di dover dire qualcosa nell’orecchio al collega, non per distrazione o mancanza di interesse, ma per il rimando ad aspetti lavorativi utili per i due partecipanti. Il leader deve essere bravo a comprendere se si tratta di chiacchiere finalizzate alla condivisione di aspetti lavorativi, forse fastidiose ma in genere utili ai partecipanti, oppure di mera distrazione. Nel primo caso può tentare di interrompere la chiacchierata e chiedere ai partecipanti coinvolti se hanno il piacere a condividere i loro spunti con gli altri colleghi. Nel caso di chiacchiere palesemente fatte per disturbare o per mancanza di interesse, occorre che il leader affronti i partecipanti con decisione e autorevolezza chiedendo loro di rispettare la disciplina e se persistono nel loro atteggiamento, dovrà non prestare loro più alcuna attenzione.

 

 

IL SACCENTE: Questo partecipante è difficile da gestire perché oltre all’atteggiamento del “io so tutto” ha anche la convinzione che il leader non sia poi così abile a gestire la riunione. Poiché egli pensa che il suo contributo sia fondamentale, attinente e illuminante per tutti, partecipa attivamente alle riunioni con un atteggiamento talvolta supponente per indicare come le cose dovrebbero essere fatte. Spesso il saccente fa dietrologia, intervenendo con commenti tipo “l’avevo detto io..”, “..se aveste fatto come avevo suggerito la volta scorsa..”.  Il leader può agire in due modi:

  1. Può ringraziarlo pubblicamente per il suo intervento e per la competenza che generosamente sta offrendo a tutti (attenzione a essere credibili con la modalità non verbale!). Il saccente ha bisogno di riconoscimenti in plenaria e quindi una parte di esso verrà gratificata da questo intervento; tuttavia si chiederà se realmente lo avete apprezzato oppure se è un modo per ironizzare sul suo intervento e poiché non ama le prese in giro, tenderà a limitare i commenti nei punti trattati nei minuti successivi;
  2. Un altro modo per gestirlo può essere la strategia di chiedere sempre a lui per primo, prima di prendere una decisione, cosa farebbe. Il saccente, preso alla sprovvista, non riuscirà a formulare una corretta risposta e farfuglierà qualcosa. Questa onta lo terrà tranquillo per i venti minuti successivi.

IL SILENZIOSO: Ci sono tre tipologie di partecipante silenzioso: quello demotivato o disinteressato, quello ostile e quello timido. Gli atteggiamenti e i presupposti sono completamente differenti: il demotivato tende a distrarsi facilmente, a disegnare sul proprio blocco degli appunti, a guardare continuamente l’orologio e/o il cellulare (proprio come se fosse a scuola), l’ostile ha un atteggiamento fisico di chiusura ed è spesso imbronciato mentre quello timido ha atteggiamento evasivi, tende a non guardare negli occhi per il timore di essere coinvolto. Ognuna di queste tre tipologie va gestita in modo diverso dal leader. Con il demotivato il leader dovrebbe innanzitutto se ha fatto bene a convocarlo e se realmente egli può dare un contributo o essere uno degli attori fondamentali per gli argomenti all’OdG. Potrà, nel caso di reale interesse a coinvolgerlo, assumere le stesse strategie da usare con il timido per “tirarlo dentro” nella discussione e avere anche il suo punto di vista. Con il partecipante dal silenzio ostile occorrerà essere cauti e inizialmente non costringerlo a intervenire. Occorrerà osservare bene a livello non verbale se l’ostilità è verso il leader, verso l’argomento trattato o verso un partecipante presente al meeting. Nel corso della riunione può essere utile fargli domande ponendole sotto forma di consiglio: “che suggerimento proponi per questa tematica?”.

IL POLEMICO: E’ un partecipante fastidioso ma non di difficile gestione. La sua mission è di evidenziare tutto ciò che non quadra, trovare il lato negativo delle proposte, osservare da angolazioni pessimistiche le soluzioni avanzate. Ho indicato mission perché il polemico è polemico di natura; non lo fa solo per essere disfattista, talvolta si aspetta anche dei plausi per come è riuscito a trovare così tante problematiche e criticità all’interno di una soluzione apparentemente percorribile. Partendo dal presupposto che talvolta avere all’interno del team “un avvocato del diavolo” può essere utile per stimolare una maggiore creatività negli altri partecipanti, questo tipo psicologico va gestito con cautela. Il leader non deve spazientirsi né renderlo visibile. Egli può ascoltare l’intervento del polemico con attenzione e al termine commentare con una frase tipo “interessante anche se ho qualche perplessità su alcuni punti”. Può essere utile chiedere ad altri partecipanti cosa ne pensano per rafforzare la vostra perplessità ed unire ad essa quella degli altri partecipanti. In questo modo il polemico non si sentirà spalleggiato da nessuno e potrebbe decidere di risparmiare i suoi commenti nei punti successivi.

businessmen-152572_960_720IL CONTRO-LEADER: Il contro-leader è colui che si mette di traverso nei confronti del leader. Potrebbe essere anche saccente e polemico ma ciò che lo differenzia da questi due partecipanti è che i suoi interventi hanno proprio l’obiettivo di attaccare il leader o di sminuirne l’autorevolezza. La comunicazione del contro-leader può essere spigolosa, aggressiva o anche molto calma e pacata (seppure tagliente!). Potrebbe non avercela direttamente con il leader ma semplicemente aver bisogno che i riflettori siano puntati su di lui e non sul leader. Comprendere questa ultima sfumatura è importante: se il contro leader non ce l’ha con il conduttore della riunione ma ha semplicemente bisogno di farsi notare, il leader può assecondarlo in questo suo bisogno, facendolo sentire importante, chiedendogli spesso il suo parere ed evidenziando con gentilezza che avete bisogno di tutti per terminare nei tempi previsti e lasciare i partecipanti agli impegni di lavoro (guardando proprio il contro-leader) importanti e urgenti. Se invece gli attacchi sono frontali e il contro leader sta cercando di fare una guerra aperta con il leader, è bene ignorare le critiche, rispondere sempre ai suoi interventi con domande (“perché?”, “In che senso?”, “come faresti?”) per non dargli pause e rimetterlo continuamente in gioco.

Sicuramente è un duro lavoro… ma una volta che si apprende come fare si avranno grandi soddisfazioni!!

Alla prossima!

 

 

 

 

 

 

COME FORMULARE UNA CRITICA IN MODO ASSERTIVO

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A volte capita di dover muovere delle critiche agli altri e il rischio è quello di generare comportamenti o troppo aggressivi o di scegliere strategie passive per evitare conflitti.

In particolare, quando si esprimono delle critiche si corre il rischio di finire in una modalità aggressiva win-lose screditando, umiliando o ferendo l’altro.

Questo non produce nulla di buono perché le relazioni win-lose non aiutano chi ha vinto…anzi, nel lungo periodo la relazione si ribalterà o porterà ad un lose-lose.

Nella nostra cultura siamo portati a collegare la passività con il genere femminile e l’aggressività con il genere maschile: si accettano quindi comportamenti aggressivi da uomini e si comprendono comportamenti passivi dalle donne. Al contempo, un uomo che produce comportamenti passivi è considerato un’ “ameba” così come una donna aggressiva viene vista come una “strega”.

Il comportamento assertivo prevede atteggiamenti e scelte linguistiche che facilitano le relazioni e non ha genere: è una strategia comportamentale utile a uomini e donne che genera rispetto per gli altri… “tirando le orecchie…gentilmente..”.

Nello specifico è un comportamento sociale caratterizzato da un empatico rispetto di se stessi e degli altri: la persona assertiva sa muovere le critiche partendo da un importante presupposto: voglio il rispetto per me…e per gli altri (senza quindi screditare né aggredire l’altro)!

 COME FARE PER RENDERE DELLE CRITICHE ASSERTIVE?

Ecco alcuni piccoli ma efficaci suggerimenti:

  1. Criticare a quattr’occhi e in privato;Assertion-5
  2. Parlare in modo fermo e tranquillo;
  3. Criticare sempre un comportamento e non la persona e il suo carattere;
  4. Essere specifici e chiari nella critica, argomentando e motivando con dati oggettivi;
  5. Lasciate spazio all’altro per esporre il proprio punto di vista, senza interromperlo;
  6. Concludere con un sorriso e una proposta che rafforzi l’intenzione positiva.

In questo modo saremo soddisfatti di noi e del nostro intervento… inoltre, visto che nella comunicazione ci si condiziona a vicenda, certamente il nostro interlocutore sarà portato, nelle future interazioni con noi, a mettere in atto comportamenti simili, generando una sorta di ASSERTIVITÀ VIRALE!

CHURCHILLCome disse W. Churchill:

“La critica può non essere piacevole, ma è necessaria. Compie la stessa funzione del dolore nel corpo umano. Richiama l’attenzione su uno stato malsano delle cose. Se è ascoltata in tempo, il pericolo può essere evitato; se viene messa da parte, si può sviluppare un morbo fatale.”

CHI DOMANDA, COMANDA….MA ATTENTI AGLI ERRORI!

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Coloro che nella comunicazione sanno porre le domande nel modo giusto, riescono a coinvolgere meglio i propri interlocutori, guidano la conversazione e hanno buone probabilità di risultare convincenti.

Saper porre le domande più adatte nel modo giusto è quindi uno degli strumenti più importanti del processo persuasivo sia per ottenere le informazioni necessarie, sia per guidare la conversazione nel verso che si vuole prendere.

L’utilizzo delle domande ci permette inoltre di dare importanza al nostro interlocutore perché le domande lo pongono al centro dell’attenzione e questo piace sempre molto.

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Poiché è noto il detto che CHI DOMANDA COMANDA, sarebbe utile imparare a fare le domande giuste per mantenere il controllo della comunicazione e esserne convincenti .. le domande mal poste sono uno strumento rischioso: è fondamentale evitare che il proprio interlocutore si senta sottoposto ad un terzo grado.

Potrebbe essere utile addolcire le richieste con parole tipo “Posso cortesemente chiederle…”, “le dispiacerebbe dirmi…”, “Può dirmi per favore….”, ecc.. In particolar modo vorrei concentrarmi con questo post sui 6 errori da evitare quando si fanno le domande:

  1. Fate una domanda alla volta: troppe volte sbagliamo ponendo due o più domande al nostro interlocutore…che senso ha? Vi siete accorti che tanto risponde solo a una? Facciamo un esempio: “Ciao, come stai? Ti disturbo? Sei a casa?” la risposta generalmente è “Ciao, sono in ufficio..”. Poiché difficilmente abbiamo due risposte, concentriamoci sulla domanda per la quale vogliamo ottenere una risposta.
  2.  Ascoltate la risposta: se facciamo una domanda a qualcuno è perché siamo interessati a comprendere il suo punto di vista o a ricevere informazioni al riguardo. Che senso ha non ascoltare la risposta e ripartire dopo pochissimi secondi con una nuova argomentazione? Esempio: “Ciao, come stai? Disturbo?..ti ho chiamato per chiederti…..” E’ vero che alcune persone ci mettono un po’ di tempo per formulare una risposta..ma ognuno ha i suoi tempi… anche questo è rispetto.
  3.  Formulate domande semplici e brevi: la semplicità facilita la comprensione e mette il nostro interlocutore da subito nella posizione di poter elaborare una risposta..senza dover perdere del tempo prezioso per analizzare la richiesta…. Esempio: “Considerando le difficoltà che contraddistinguono al momento presente la nostra realtà aziendale e le nostre aziende competitor, quali sono secondo te i fattori che sembrano interferire con i nostri tentativi concreti di ripresa commerciale e dello sviluppo del business?”.
  4.  Evitate di fare considerazioni all’interno della domanda: la domanda è neutra, non deve contenere assunzioni o giudizi. Questo potrebbe inibire il nostro interlocutore e portarlo a non dare risposte oppure a darle in maniera poco spontanea. Esempio: “Immagino che con tutto quello che hai guadagnato nello scorso anno, tu non abbia alcun problema a valutare questo tipo di acquisto, vero?”. Trovo che sia una formulazione poco corretta e poco etica.
  5. Evitare di fare domande con il “perché..?”: si suggerisce di evitare tale avverbio in quanto esso pone una richiesta troppo esplicita (per cui spesso si rischia di ricevere come risposta un atteggiamento di chiusura) oppure induce il nostro interlocutore a doversi giustificare perché suona come una critica. Abituiamoci allora a sostituirlo con altre formulazioni:

 “Perché hai scelto questo prodotto?” ⇒ “Cosa ti ha spinto verso questa scelta?”

e ancora

“Perché sei così disattento?” ⇒ “Come mai fatichi a mantenere attenzione su questo tema?”.

 

6.Le domande tendenziose: come per il punto 4, anche in questo caso la domanda potrebbe infastidire il nostro interlocutore che leggerebbe un secondo fine nella nostra domanda. Chi pone domande tipo: “Cosa ti suggerisce di fare la tua coscienza?” oppure “Quanto ti sta irritando questa situazione? Sei irriconoscibile..” sembra avere uno scopo preciso nel porre la domanda oppure viene percepito come uno che vuole esercitare un condizionamento sull’altro.

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Non esistono quindi risposte sbagliate ma solamente domande mal formulate…abituiamoci a fare domande che ci possano portare velocemente a ottenere la risposta di nostro interesse, quello che non manipolano la risposta dell’interlocutore e infine quelle che non lo fanno sentire come in un interrogatorio.

E dopo le domande giuste, bisogna iniziare ad ascoltare bene!