CHI DOMANDA, COMANDA….MA ATTENTI AGLI ERRORI!

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Coloro che nella comunicazione sanno porre le domande nel modo giusto, riescono a coinvolgere meglio i propri interlocutori, guidano la conversazione e hanno buone probabilità di risultare convincenti.

Saper porre le domande più adatte nel modo giusto è quindi uno degli strumenti più importanti del processo persuasivo sia per ottenere le informazioni necessarie, sia per guidare la conversazione nel verso che si vuole prendere.

L’utilizzo delle domande ci permette inoltre di dare importanza al nostro interlocutore perché le domande lo pongono al centro dell’attenzione e questo piace sempre molto.

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Poiché è noto il detto che CHI DOMANDA COMANDA, sarebbe utile imparare a fare le domande giuste per mantenere il controllo della comunicazione e esserne convincenti .. le domande mal poste sono uno strumento rischioso: è fondamentale evitare che il proprio interlocutore si senta sottoposto ad un terzo grado.

Potrebbe essere utile addolcire le richieste con parole tipo “Posso cortesemente chiederle…”, “le dispiacerebbe dirmi…”, “Può dirmi per favore….”, ecc.. In particolar modo vorrei concentrarmi con questo post sui 6 errori da evitare quando si fanno le domande:

  1. Fate una domanda alla volta: troppe volte sbagliamo ponendo due o più domande al nostro interlocutore…che senso ha? Vi siete accorti che tanto risponde solo a una? Facciamo un esempio: “Ciao, come stai? Ti disturbo? Sei a casa?” la risposta generalmente è “Ciao, sono in ufficio..”. Poiché difficilmente abbiamo due risposte, concentriamoci sulla domanda per la quale vogliamo ottenere una risposta.
  2.  Ascoltate la risposta: se facciamo una domanda a qualcuno è perché siamo interessati a comprendere il suo punto di vista o a ricevere informazioni al riguardo. Che senso ha non ascoltare la risposta e ripartire dopo pochissimi secondi con una nuova argomentazione? Esempio: “Ciao, come stai? Disturbo?..ti ho chiamato per chiederti…..” E’ vero che alcune persone ci mettono un po’ di tempo per formulare una risposta..ma ognuno ha i suoi tempi… anche questo è rispetto.
  3.  Formulate domande semplici e brevi: la semplicità facilita la comprensione e mette il nostro interlocutore da subito nella posizione di poter elaborare una risposta..senza dover perdere del tempo prezioso per analizzare la richiesta…. Esempio: “Considerando le difficoltà che contraddistinguono al momento presente la nostra realtà aziendale e le nostre aziende competitor, quali sono secondo te i fattori che sembrano interferire con i nostri tentativi concreti di ripresa commerciale e dello sviluppo del business?”.
  4.  Evitate di fare considerazioni all’interno della domanda: la domanda è neutra, non deve contenere assunzioni o giudizi. Questo potrebbe inibire il nostro interlocutore e portarlo a non dare risposte oppure a darle in maniera poco spontanea. Esempio: “Immagino che con tutto quello che hai guadagnato nello scorso anno, tu non abbia alcun problema a valutare questo tipo di acquisto, vero?”. Trovo che sia una formulazione poco corretta e poco etica.
  5. Evitare di fare domande con il “perché..?”: si suggerisce di evitare tale avverbio in quanto esso pone una richiesta troppo esplicita (per cui spesso si rischia di ricevere come risposta un atteggiamento di chiusura) oppure induce il nostro interlocutore a doversi giustificare perché suona come una critica. Abituiamoci allora a sostituirlo con altre formulazioni:

 “Perché hai scelto questo prodotto?” ⇒ “Cosa ti ha spinto verso questa scelta?”

e ancora

“Perché sei così disattento?” ⇒ “Come mai fatichi a mantenere attenzione su questo tema?”.

 

6.Le domande tendenziose: come per il punto 4, anche in questo caso la domanda potrebbe infastidire il nostro interlocutore che leggerebbe un secondo fine nella nostra domanda. Chi pone domande tipo: “Cosa ti suggerisce di fare la tua coscienza?” oppure “Quanto ti sta irritando questa situazione? Sei irriconoscibile..” sembra avere uno scopo preciso nel porre la domanda oppure viene percepito come uno che vuole esercitare un condizionamento sull’altro.

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Non esistono quindi risposte sbagliate ma solamente domande mal formulate…abituiamoci a fare domande che ci possano portare velocemente a ottenere la risposta di nostro interesse, quello che non manipolano la risposta dell’interlocutore e infine quelle che non lo fanno sentire come in un interrogatorio.

E dopo le domande giuste, bisogna iniziare ad ascoltare bene!

I BISOGNI INSODDISFATTI

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I nostri bisogni insoddisfatti cercano sempre disperatamente la soddisfazione!

Perchè questo articolo oggi?

Ho avuto a che fare con persone che chiedevano disperatamente gratificazioni in ogni contesto della loro vita e ne ho incontrate altre incapaci di rendere gratificazioni..

Per non cadere in questi errori (entrambi lo sono) è bene comprendere di cosa si tratta.

Si conoscono molti bisogni di gratificazione: affettiva, sociale, economica, carrieristica, ecc.. ma forse i più dolorosi sono quelli riferiti alle relazioni interpersonali e, in particolar modo, quelli legati alle persone a noi care.

Si sa che i comportamenti delle persone che dipendono dalla gratificazione altrui affondano le loro radici nei conflitti non risolti con la propria famiglia d’origine…queste persone sono cresciute in contesti familiari incapaci di nutrire i loro bisogni affettivi.

Quando le figure genitoriali, in particolar modo quella materna, non offrono una valida conferma d’amore, il figlio pensa di “non essere amato perché non valido”. Il suo inconscio memorizza questa informazione e in età adulta cercherà di tranquillizzare la sua paura di abbandono con una disperata ricerca (talvolta ossessiva) di conferme affettive.

In pratica non solo dobbiamo gestirci le incapacità relazionali dovute ad un imprinting di un modello genitoriale “sbagliato”, ma anche correre ai ripari e cercare per tutta la vita di nutrire quella parte di noi che non è stata sufficientemente alimentata.

Per fare un esempio: un figlio di una madre negativa e ipocondriaca, non solo sarà una vera “piattola” perché si porterà addosso il modello di negatività, ma cercherà disperatamente persone positive per aiutarlo ad uscire dal suo stato insoddisfacente…le persone positive però, cercano il positivo e stanno alla larga da coloro che potrebbero turbare uno stato felice e leggero apportando solo lamentele e brontolii.

E ancora, chi è vissuto in un contesto familiare in cui la gratificazione della figura femminile non era prevista (famiglie di imprinting maschilista), non saprà mai gratificare la propria moglie e in generale le figure femminili (madre, suocera, ecc..) pur provando sinceri sentimenti d’amore nei loro confronti.kissing parents.jpg

Per cercare di ridurre al minimo gli errori quindi teniamo presente che i bambini ( e gli adolescenti) cercano la gratificazione soprattutto nel contesto familiare, visto proprio come luogo della propria gratificazione affettiva. Se noi genitori lasciamo il vuoto, i nostri figli cercheranno di riempirlo con il supporto dei loro coetanei, dove però l’essere pari non aiuta e non porta così facilmente a ricevere gratificazioni, anzi spesso porta all’isolamento e nei casi più gravi a fenomeni di bullismo.

L’autoefficacia del singolo, che è fondamentale perché dovremmo riuscire a identificare in noi stessi le risorse per “stare bene”, è qualcosa che prende forma solo da adulti. Nei bambini e negli adolescenti serve il confronto con modelli accessibili e credibili: modelli che non sempre si trovano nei gruppi di amici ma che sicuramente si possono costruire nella famiglia.

Questo è il primo obiettivo da porsi perché la mancanza di questo tipo di gratificazione, porterà ad avere bisogni insoddisfatti e la scelta potrebbe essere quella di cercare gratificazioni istantanee (cibo, droga, ecc.) suggerite da bisogno emotivo del momento e si rischierebbe di creare nuovi se non più grandi problemi.

Well-Complimet

E voi che gratificazioni cercate?

Attendo feedback!

IL RICATTO EMOTIVO: le relazioni affettive e la “comunicazione egoistica”

ricatto emotivo

La parola manipolazione non ci piace, non ci sentiamo manipolatori e anzi, talvolta abbiamo temuto di essere manipolati.

Tuttavia, volendo essere sinceri, a tutti sarà capitato di ricorrere a forme più o meno velate di manipolazione, soprattutto nei confronti di persone a noi care (figli, partner, fratelli, amici..).

Sono forme di manipolazione sane nella misura in cui non sono volte alla sopraffazione dell’altro né a portare l’altro a fare qualcosa di offensivo o che va contro la sua volontà ma possono diventare egoistiche e malsane.

 Si conoscono 4 tipi di manipolazione:

  1.  Manipolazione per induzione del senso di ignoranza: il soggetto più forte vuole portare il soggetto debole a fare qualcosa facendolo sentire inesperto o incapace. Tra le frasi più usate in questo tipo di manipolazione: “Ascoltami, che mi ci sono già trovato..fidati..”, “Segui i miei consigli, lo sai che ho più esperienza di te..”;
  2.  Manipolazione mediante seduzione: Il soggetto più forte vuole portare il soggetto più debole a fare qualcosa sfruttando leve affettive, seduttive o semplicemente complicità e simpatia. In questo campo i bambini sono già molto bravi perché per ottenere ciò che vogliono ricorrono a coccole e bacini;
  3. Manipolazione mediante senso di colpa: Il soggetto più forte costringe il soggetto più debole a seguire la sua opinione facendolo sentire in colpa. Alcune frasi genitoriali tipiche: “Mi fai soffrire con i tuoi comportamenti, non lo merito”, “Come puoi fare questo..dopo tutti i sacrifici che abbiamo fatto per te?”;
  4. Manipolazione mediante disapprovazione: il soggetto più forte tende a ricattare il soggetto debole con muri di silenzio o musi. Tra le frasi più usate: “Fa’ quel che vuoi..vorrà dire che mi regolerò di conseguenza!”, “ Fai quel che credi, ma non pensare che sarò dalla tua parte!”

I primi due tipi di manipolazione possiamo definirli “sani”..anche se non è mai totalmente etico spingere per ottenere ciò che NOI vogliamo, senza tenere conto di ciò che vorrebbe l’altro.

Gli altri due tipi di manipolazione possono essere definiti RICATTI EMOTIVI.

 Il ricatto emotivo si verifica quando una persona a noi cara ci minaccia più o meno esplicitamente di punirci, di farci soffrire o di stare molto male se ci rifiutiamo di attenerci alle sue richieste.

 Questo tipo di ricatto è messo in atto dalle persone con cui si hanno relazioni affettive e generalmente il ricattatore conosce i nostri segreti, i nostri valori, le nostre debolezze e li usa per indurci ad obbedire.

Alcuni genitori utilizzano quotidianamente queste “tecniche” con i propri cuore cappiofigli, soprattutto adolescenti, forti dell’alibi che tanto-lo-stanno-facendo-per-il-loro-bene. Se è chiaro che l’età dell’adolescenza non è facile e che i conflitti sono all’ordine del giorno, è ingiusto uscirne con frasi tipo “se fai così mi verrà un infarto..così magari sarai contento!”. Questo ricatto emotivo porta alla rinuncia della propria individualità per il timore di perdere l’affetto dei nostri cari…ci sembra un metodo educativo corretto?

Ma come fare per uscirne? Come fare a non commettere questi errori?

 –  Se siamo i ricattatori, teniamo presente che amare una persona significa lasciarla libera di agire (e sbagliare) e che gli adulti che ricorrono al ricatto emotivo stanno educando dei figli che diventeranno ancor più abili di loro nel metterlo in atto. Il ricatto emotivo porta colui che è la vittima a cedere continuamente e a perdere la fiducia in se stesso (perché si sente incapace di imporre il proprio punto di vista)..questo non è voler bene!

 – Se siamo i ricattati, prendiamo consapevolezza del fatto che chi ci ricatta non si sente abbastanza sicuro di discutere con noi considerando anche il nostro punto di vista e che teme disperatamente di perdere…non è quindi così forte! Stabiliamo se siamo pronti ad affrontare le conseguenze di un’opposizione, ci vorrà determinazione indubbiamente, ma teniamo presente che GLI ALTRI CI TRATTERANNO SEMPRE NEL MODO IN CUI NOI CONSENTIAMO LORO DI FARE!

 

QUINDI..COSA VOGLIAMO FARE DELLE NOSTRE RELAZIONI?