GESTIRE LA CRISI.

CONSIGLI UTILI SUL PIANO PERSONALE E PROFESSIONALE PER CREARE POSITIVITA’ IN QUESTO MOMENTO DI GRANDE INCERTEZZA

coronavirus

Il momento di tensione legato alla diffusione del Coronavirus a livello globale, da un lato costituisce sicuramente una situazione di crisi, ma potrebbe anche essere un importante momento di passaggio evolutivo, nel contesto familiare e professionale.

La crisi è data dallo stato di angoscia e malessere, dalla paura di ammalarsi, dal timore di perdere i propri cari e dalle difficoltà economiche. Inoltre non sapere per quanto tempo perdurerà questo stato di crisi, aumenta ancor di più le paure.

Tutto normale e assolutamente lecito, anche nelle persone con un atteggiamento mentale più ottimista e positivo, occorre però cercare di mantenere la lucidità utile per creare un piano d’azione, prendere le giuste decisioni e essere di supporto (anziché di peso).

Capiamo come.

PER CHI STA A CASA:

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Come gestire le giornate infinite?

  1. A livello fisico, il primo consiglio è quello di non cambiare di troppo la nostra routine. Andare a letto più o meno allo stesso orario e mantenere la sveglia è utilissimo per ricordare al nostro cervello che ci sono regole quotidiane da rispettare, che il tempo non è dilatato e che occorre pianificare le attività quotidiane con un certo ordine, proprio come si faceva prima quando si aveva poco tempo a disposizione ed eravamo tutti abilissimi maestri di “gioco all’incastro”.
  2. Vestiamoci, laviamoci, prendiamoci cura di noi. Non aiuta rimanere in pigiama tutto il giorno o non farsi la barba. Sembrerà strano, ma questo agevolerà nel nostro cervello un senso di prevedibilità e sicurezza, utilissimo in questo momento!
  3. E con i figli? Stabiliamo orari per i compiti, quelli per il gioco libero e quelli per il gioco “tecnologico”. Creiamo un vero e proprio planning che anche loro possano vedere e rispettare. Ad esempio: dalle 9 alle 10.30 studio, dalle 10.30 alle 11.30 giochi liberi (nascondino, lego, puzzle, bambole, macchinine, ecc.), dalle 11.30 alle 12.30 TV, pranzo, ecc..
  4. friendsPensa positivo! Sembra ovvio, ma non è così scontato.. Dalla negatività non può svilupparsi nulla di positivo, anzi..il rischio è che si generi un loop mentale negativo. Un piccolo esercizio potrebbe essere di pensare, prima di andare a letto, quali sono gli aspetti positivi nella giornata appena conclusa. L’esercizio è utile anche per i bambini, per allenarli al pensiero positivo e al sentimento di gratitudine.

PER CHI LAVORA DA CASA O GESTISCE UN TEAM DA REMOTO:

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L’emergenza e la paura necessitano di leader che indichino la direzione.

Occorre saper far mantenere la calma e la lucidità a chi lavora con noi, non è facile…ma i capi sono lì anche per questo!

 

  1. Forniamo risposte rapide e sicure: i nostri collaboratori possono avere paura. Non dimentichiamo che, al di là degli aspetti operativi e degli obiettivi aziendali, il nostro compito è quello di preservare il benessere dei chi lavora con noi. Indiciamo riunioni periodiche, comunichiamo la direzione in cui l’azienda si sta muovendo, i prossimi passi, chiediamo loro come si sentono e che bisogni avvertono. Siamo presenti!
  2. Utilizziamo un linguaggio positivo: le parole negative o che possano abbattere (purtroppo, sfortunatamente, tragicamente, ecc..), sono assolutamente da evitare. Il ruolo del capo è di essere incoraggiante e di rasserenare. Sforziamoci di mantenere il giusto atteggiamento.
  3. Manteniamo il contatto con i nostri clienti. In questo momento difficile per tutti, è importante la presenza. Inviamo, attraverso i nostri canali di comunicazione, le modalità in cui possono entrare in contatto con noi e con l’azienda, le modalità in cui stiamo operando. Sottolineiamo la vicinanza, magari mettendoci la faccia in prima persona, questo aiuterà a mantenere alta la fidelizzazione.
  4. dog sleepingCerchiamo di mantenere il più possibile un comportamento proattivo: pensiamo a quali potrebbero essere le proposte da fare a clienti e collaboratori, troviamo nuove idee, manteniamoci attivi e non finiamo “in letargo da quarantena”, perché il rischio è che, una volta finita l’emergenza, si rischi si essere fuori dai giochi.

 

Il periodo difficile finirà prima o poi, approfittiamone per migliorare.

L’incertezza e la paura non generano solo sensazioni negative, ci aiutano e ci incoraggiano a pensare e a reagire!

Qualora però avvertissimo sensazioni di malessere, non c’è niente di male ad alzare la mano, mettere da parte l’orgoglio e chiedere aiuto a un professionista che possa aiutare a gestire la difficoltà.

Contattateci per una sessione di coaching gratuita,

siamo a disposizione!

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LEADERSHIP 3.0 – ALLENARE COMPETENZE EMOTIVE

emotional intelligence

NON CI SONO PIU’ I CAPI DI UNA VOLTA….

Sembrerebbe una frase fatta, come quelle che abbiamo sentito dire (o pronunciato) mille volte…vero?

Proviamo a pensare un momento al nostro capo: è un buon capo?

E noi? Lo siamo?

Se abbiamo come modello di riferimento un nostro “vecchio” capo, dobbiamo convincerci che non possiamo comportarci come lui…non va bene oggi e non otterremmo gli stessi risultati.

Il motivo è che non possono più esistere i capi di una volta perché la società è cambiata e sia le persone che le organizzazioni lavorano in modo diverso.

Le aziende sono diventate fortunatamente sempre più attente alle persone, viste non più come “macchine” ma come UMANE RISORSE, con relazioni, emozioni, talenti e sono quindi considerate importantissime perché rappresentano il valore aggiunto e il più grande vantaggio competitivo aziendale.

Eppure in alcune aziende in cui mi capita di lavorare come consulente, alcuni imprenditori sono fermamente convinti che i risultati aziendali e la gestione del team di lavoro siano un lavoro “di testa e non di cuore”. no no

Lo trovo poco utile e poco funzionale.

 

Nelle aziende del terzo millennio non possono esistere dei semplici manager, servono veri e propri leader,  capaci di raggiungere gli obiettivi facendo leva sulla componente emozionale propria e delle proprie risorse.

Fra i tanti libri che ho letto su questa tematica, ce n’è uno in particolare che secondo me fornisce gli spunti giusti e propone idee innovative sul management, sulla leadership e sulla gestione delle persone.

E’ un testo di Daniel Goleman del 2012 dal titolo  Leadership emotiva: una nuova intelligenza per guidarci oltre la crisi.

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Daniel Goleman, scrittore, psicologo e giornalista statunitense, è autore del best-seller “Intelligenza emotiva” uscito in Italia nel 1995 che descrive come:

 “l’insieme di specifiche capacità – consapevolezza e padronanza di sé, motivazione, empatia e abilità nelle relazioni interpersonali – che permettono di utilizzare le emozioni come un patrimonio di ricchezza straordinaria a vantaggio nostro e della collettività”.

In realtà, come sostiene Goleman, sono proprio le abilità legate agli aspetti emotivi e di relazione a fare veramente la differenza nelle organizzazioni e le competenze tecniche rappresentano abilità di base, necessarie ma non sufficienti, per ricoprire ruoli dirigenziali.

Influenzare emotivamente i propri collaboratori, saperli motivare innescando sentimenti positivi e riuscendo a liberare l’espressione dei talenti delle persone è quello che davvero rappresenta il requisito indispensabile per riuscire a fare la differenza nella gestione dei team di lavoro. 

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I “leader emotivi” esprimono nel modo migliore, secondo Goleman, le capacità proprie dell’intelligenza emotiva riuscendo a metterle pienamente a frutto nella guida dei propri collaboratori.

Una ricerca dell’UCLA (Università di California, Los Angeles) ha rivelato che la percentuale di leadership di successo attribuibile al QI (quoziente intellettivo) è pari al  7% , mentre  il restante 93% del successo deriva da fiducia, integrità, autenticità, onestà, creatività, presenza e adattabilità (in una parola QE – quoziente emotivo).

L’Intelligenza Emotiva è quindi ciò che distingue la performance base da quella di livello superiore, sia nei managers che nei singoli membri del team.

I leader emotivi  (capaci e consapevoli delle proprie emozioni e di quelle altrui) sono in grado di creare un ambiente lavorativo armonioso, positivo ma che possono anche, al contrario (in assenza di questa consapevolezza), renderlo tossico e distruttivo a livello psicologico, inefficace e disfunzionale.

Non è quindi più valida la credenza che nelle organizzazioni le emozioni rallentino i processi di lavoro e il business e che vadano quindi represse o non considerate…occorre cambiare approccio!

E voi? Che tipo di leadership adottate?

 

“Le persone competenti sul piano emozionale – quelle che sanno controllare daniel golemani propri sentimenti, leggere quelli degli altri e trattarli efficacemente – si trovano avvantaggiate in tutti i campi della vita, sia nelle relazioni intime che nel cogliere le regole implicite che portano al successo politico”.

Daniel Goleman

 

COME MOTIVARE I COLLABORATORI?

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Si legge tanto su come raggiungere gli obiettivi, come gestire i collaboratori, come selezionare e mantenere in azienda i talenti…ma la vera difficoltà per un manager è riuscire a TENERE ALTA LA MOTIVAZIONE DEL PROPRIO TEAM.

Sappiamo bene (perché ci siamo passati) che il capo che ti dice “dovresti essere più motivato!” non aiuta, genera frustrazione, talvolta rabbia…e un collaboratore demotivato è poco performante e non raggiunge gli obiettivi – propri o di team.

Qual è il modo giusto quindi per motivare un collaboratore?

Oggi più che mai, in un momento sociale di crisi economica delle aziende, la motivazione dei collaboratori diventa uno scopo fondamentale e anche un problema, perché sino ad ora si è sempre ricorsi alla ricompensa monetaria. Non sempre però si possono applicare gli incentivi economici, inoltre le statistiche dicono che questi portano risultati modesti e nel breve periodo.

Quali allora le dritte per motivare?

Per arrivarci, ecco i risultati di un’altra indagine rivolta ad un certo numero di dipendenti, volta all’ottenimento delle cause della loro demotivazione in azienda. Alla domanda “cosa ti demotiva maggiormente in una giornata lavorativa?” ecco le risposte, in ordine di importanza:

  1. Il mio capo non mi ascolta. Fa sempre quello che ha in mente.
  2. Il mio capo ha un pessimo carattere, è aggressivo e incapace di fare apprezzamenti.
  3. Ci spreme e poi non mantiene le promesse.
  4. Non ci fa crescere, è poco delegante e trasferisce poco le sue conoscenze.

Mi soffermerei qui….

Cosa si può evincere da questi dati? Sembrerebbe che tutto parta dall’atteggiamento del capo.

MY FAULTDelusi? Perché?

In fin dei conti, se ci spostiamo in ambito sportivo, quando una squadra è poco performante, tutti sono d’accordo nel cambiare il coach..attribuendo a lui la responsabilità dei risultati del team.

Abbiamo avuto invece la possibilità di maturare una nuova e utilissima consapevolezza:

 

GRAN PARTE DELLA LORO MOTIVAZIONE DIPENDE DA NOI!

Chiediamoci allora:

–      Sono un modello per loro?

–      Si sentono importanti nel mio team?

–      Sono bravo a entusiasmarli?

–      Uso un linguaggio positivo e motivante?

–      Sono motivante nel mio comportamento e nelle mie parole?

 

Ecco allora qualche suggerimento per motivare lavorando sul proprio atteggiamento.

  1. DAI RILEVANZA A TUTTI:

RELEVANCEPer creare un ambiente motivante occorre fare il possibile per valorizzare il lavoro dei singoli assicurandosi che ogni collaboratore si senta utile e portatore di “valore aggiunto”. Non c’è cosa peggiore di sapere di fare un’attività poco utile, poco considerata, superflua o di basso interesse per l’azienda.

  1. DELEGA:

delegarI collaboratori che sono già formati e con un’alta seniority aziendale non sono contenti di avere il fiato sul collo o di essere considerati solo dei “passa-carte”. Troppo controllo a volte è controproducente perché avvilisce alcuni e ne deresponsabilizza altri. Dimostra invece ai tuoi collaboratori che ti fidi di loro, che sai che opereranno bene e comunque per il bene dell’azienda, intervieni solo se non raggiungono l’obiettivo che ti eri posto per loro.

  1. RICONOSCI I MERITI NEL MODO GIUSTO

GRATIFICAREIl lavoro del gruppo deve sempre essere valorizzato, apprezzato, monitorato. Gli apprezzamenti generici tipo “Bene!”, “Ben fatto!” e magari anche un “Continua così..”, vengono vissuti come una modalità paternalistica e non come invece il giusto feedback in una relazione professionale paritaria di reciproca stima. Il corretto feedback invece deve essere contestualizzato al risultato ottenuto o all’impegno messo in atto: “Sei riuscito a completare l’attività nonostante tutti gli inconvenienti accaduti, molto bene!”  oppure “il tuo comportamento durante la riunione è stato apprezzato da tutti e molto utile per analizzare la nostra situazione. Per favore, agisci sempre in questo modo!”.

Un buon riconoscimento fa sempre bene: non siate avari nelle lodi!

  1. FAI STARE BENE IL TUO TEAM

HAPPYTEAMPer far lavorare bene qualcuno occorre creargli un contesto sereno, sicuro e disteso. Le persone demotivate spesso lavorano in ambienti tristi o angoscianti. Assicuratevi di aver creato un ambiente giocoso e in cui nessuno si sente pressato o giudicato. Alcuni dipendenti producono poco perché si sentono giudicati nei loro errori e sono stati redarguiti pubblicamente. Create una zona “relax” con frutta fresca, svaghi o altro per consentire alle persone di “staccare” la spina e riprendere con maggiore slancio. Proteggili se sbagliano nei confronti delle altre aree aziendali o dei clienti: un team motivato ha bisogno di un capitano che lo “protegga” sempre.

  1. COMUNICA CON GENTILEZZA E RISPETTO

netiquetteComunicare con gentilezza e rispetto aiuta le persone a sentirsi accettate e sicure e instaura un rapporto basato sulla stima reciproca e sulla fiducia. Un ambiente di lavoro basato sulla paura di una reazione del proprio capo o peggio, sul timore di un’umiliazione non è affatto motivante. Le persone devono poter imparare dai propri errori e devono volere fortemente comprendere i meccanismi che le hanno portate a sbagliare. I modi sgarbati o gli attacchi frontali hanno come unico effetto la creazione di alibi del dipendente, spesso usati come difesa.

  1. DAI LORO UN ESEMPIO DA SEGUIRE

EXAMPLEIniziare la giornata con un bel “Buongiorno!”, con entusiasmo e trasferendo passione per il proprio lavoro è fonte di motivazione nonché di grande esempio. Delega il giusto, ma aiutali quando li vedi in difficoltà..questo li porterà a fare lo stesso fra loro e darsi supporto vicendevolmente. Mangia con loro, non rimanere chiuso in ufficio a lavorare, la condivisione è un momento importante e fornisce al team un modello di vita comune anche fuori del normale orario lavorativo.

Spero di aver fornito qualche utile spunto di riflessione e di azione.

Inizia domani, fai il giro degli uffici e salutali, verifica come stanno, come lavorano…osservali!

Alla prossima!

ESSERE CAPO E DONNA: LA LEADERSHIP AL FEMMINILE

 

scarpa tacco

Oggi e domani terrò un corso sulla Leadership al femminile.

Cosa significa essere capo e donna? Nei diversi contesti familiare e aziendale le donne dimostrano una maggiore capacità di adattamento e un’ ampia sensibilità.

Esse vantano una serie di ottime qualità manageriali e relazionali: la capacità di affrontare le complessità e gli imprevisti, l’etica nel lavoro, la capacità di condividere le responsabilità riuscendo a valorizzare i propri collaboratori, la velocità nell’apprendimento, l’abilità nel problem solving, la cura dei particolari, la concretezza, l’ordine e la diligenza….

MA….ciò che a volte manca è l’assunzione di un ruolo di leader per la naturale tendenza a non valorizzarsi mai abbastanza o a diventare tiranne!

La donna – capo  è  sicuramente diversa dai colleghi uomini e presenta inevitabili caratteristiche femminili. Inoltre essendo cresciuta in un sistema di valori, di regole, di conoscenze costruito dagli uomini, la donna-capo ha una difficoltà maggiore nel quotidiano, data dall’ambivalenza:

–         Essere se stessa? Mostrando anche i suoi lati più fragili.. oppure

–         Adattarsi a modi e stili più maschili?

 E COSA SCEGLIE SECONDO VOI???  boss donna

E’ vuoto il modello di leadership femminile perché le donne hanno pochi esempi di donne leader da modellare..oggi le donne imitano l’unico modello che conoscono, l’unico esistente e l’unico considerato vincente: quello maschile. Tendono quindi a trasformarsi: assumono una postura, un linguaggio e atteggiamenti che rinunciano alla femminilità, considerata (erroneamente) come sinonimo di fragilità e vulnerabilità.

QUALI SONO LE DIFFERENZE FRA LEADERSHIP MASCHILE E FEMMINILE?

Le donne sono maggiormente orientate alle relazioni e all’aiuto. Non hanno vita facile perché su di loro c’è  uno standard di performance e di risultato atteso superiore agli uomini (sin dai tempi della scuola).

Sono maggiormente portate ad organizzare il lavoro in modo strutturato, ad assicurarsi che il compito venga eseguito e a motivare per la sua corretta esecuzione.

Hanno maggior capacità di trasmettere entusiasmo, di coinvolgere gli altri e dimostrano di essere maggiormente preoccupate degli altri e della loro crescita, sono più portate per sviluppare strette relazioni lavorative.

Gli uomini sono molto più orientati al risultato e hanno sviluppato la capacità ad avere approcci più strategici. Sono maggiormente aperti alle nuove idee e si assumono più facilmente dei rischi.

Sono più inclini ad imparare le lezioni dal passato e a trovare nuove vie per cambiare il futuro. Non sono molto portati al multitasking. Paradossalmente alcuni dei più importanti leader mondiali (uomini) hanno unito a questi skills più maschili, l’empatia, l’ascolto, la sensibilità e talvolta la vulnerabilità.

COME ESPRIMERE LEADERSHIP CON IL CORPO?

  • LO SGUARDO: Al lavoro per avere credibilità, non essere fraintese ed essere prese sul serio occorre imparare a usare lo sguardo giusto per comunicare autorevolezza e non è fonte di ambigue interpretazioni. Per dare la percezione di mostrare interesse, trasmettere autorevolezza e non essere sfidanti, non si possono superare i 3 secondi di sguardo “occhi – negli – occhi”.
  • LA TESTA : Inclinare troppo la testa o annuire più del necessario è una abitudine tipicamente femminile. Questa postura si può usare per dimostrare attenzione, pertesta storta incoraggiare qualcuno a continuare ma per dare l’immagine di una donna sicura di sé o per trasmettere la spinta decisionale la testa va tenuta dritta e ferma in posizione neutra. Il collo è da sempre associato con le emozioni umane e quando pieghiamo la testa, stiamo emettendo un messaggio amichevole.  Nel mondo femminile, un tale cenno viene automatico quando si nota qualcosa di estremamente carino o tenero o quando stiamo dimostrando la nostra attenzione agli altri. In materia di comunicazione non verbale, la testa inclinata è un comportamento di sottomissione.
  •  IL CORPO: La postura tipica delle donne  è quella “a gomitolo”:  si auto-rimpiccioliscono come se avessero timore di rubare spazio tenendo le braccia incollate al corpo, accavallano le gambe, incurvandosi in avanti, occupano poco spazio. Per esprimere leadership occorre espandersi allargando le braccia, tenendo le spalle all’indietro e la testa eretta. Questo comunicherà assertività e fiducia in se stesse e nelle idee che si propongono.
  •  LE MANI: Uomini e donne, nei momenti di stress, usano dei gesti per scaricare la propria tensione e questo non è un male. Le donne ne mettono in atto alcuni tipicamente femminili che possono essere fraintesi con insicurezza e/o sensualità: accarezzarsi le mani,  toccarsi i capelli,  arrotolarsi una ciocca di capelli, giocare con braccialetti e collane o mangiarsi le unghie. Occorre imparare a controllare le mani negli incontri di business per non fare percepire alcun segnale di tensione.
  • LA VOCE: La voce femminile è un arma. Ma anche un arma a doppio taglio! Imitare la voci sensuali o vocine da bambine non va bene in azienda perché la vocina indebolisce la tua credibilità e il tuo potere. Sicuramente si otterrà l’effetto di non intimidire chi sta intorno ma si darà l’impressione di una persona inaffidabile, poco sicura di sé che chiede il permesso di fare e dire invece di affermare la sua presenza e la sua personalità. Impostare la propria voce e se necessario fare un corso di teatro per una voce di maggiore impatto e diaframmatica.
  • IL SORRISO:Sapere quando usare un sorriso non è sempre facile da comprendere e usarlo come una tattica ruffiana per ottenere favori rischia di essere letto male e di attirare le antipatie di colleghi e colleghe. Sorridere troppo spesso può dare un segnale di ‘voglio piacere a tutti‘ e si rischia l’effetto zerbino.  Se si sta dando un feedback negativo a qualcuno evitare di arricchirlo con un sorriso. Lo slow smile (il sorriso lento): secondo alcuni ricercatori il timing di un sorriso fa la differenza. Un sorriso spontaneo non è mai rapido. Se la zona sorriso è solo nell’area bocca (foto 1) è un sorriso finto, che manca di sincerità perché in un sorriso naturale anche gli occhi danno il loro contributo(foto2).

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  • LA STRETTA DI MANO: La stretta di mano delle donne è spesso timida, debole e questo trasferisce fragilità e poca fiducia in se stesse. Imparare a dare una buona stretta

Ultimo consiglio:  non abdicate alla vostra femminilità e alle vostre caratteristiche di genere. Lavorate un po’ di più sull’autorevolezza e  speriamo che le aziende promuovano un management misto.  Creare un nuovo modello femminile, diverso da quelli esistenti è importante…e per le aziende..il fatto che sia “diverso”  è solo un valore aggiunto!

 

IGNORANZA O INDIFFERENZA?

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Mi capita spesso di trovare in aula alcuni dipendenti demotivati…

Ho compreso che la loro motivazione non è quasi mai data da fattori di tipo economico (aumenti di stipendio, bonus, ecc..) né da fattori legati alla carriera, essi lavorano piuttosto con una bassa motivazione in relazione all’indifferenza aziendale verso le risorse umane.

Cos’è l’indifferenza?

E’ uno stato affettivo neutro che si manifesta con  assenza di considerazione, insensibilità, distacco e freddezza.

E’ lecito vivere relazioni con indifferenza, nella misura in cui non si è interessati alla relazione con alcune particolari persone.

Ma mi domando: qual è l’utilità di mostrare indifferenza verso i propri collaboratori? indifferent.jpg

Non è forse controproducente spingere un collaboratore alla demotivazione e alla frustrazione di una bassa considerazione?

Alcuni manager sono indifferenti per problematiche personali:

  • faticano a entrare in empatia e quindi mancano di coinvolgimento emotivo,
  • vogliono proteggere se stessi
  • hanno una natura fredda e distaccata
  • utilizzano l’indifferenza come strumento di manipolazione (strumento di punizione)

 

Altri manager invece sono indifferenti per ragioni legate al proprio ruolo professionale:

  • ignorano perché pensano che mostrando comprensione, il dipendente potrebbe approfittarne
  • temono che la loro leadership possa essere indebolita da un atteggiamento più “friendly”
  • pensano che essere partecipi e comprensivi con un dipendente possa significare non poter pretendere più nulla da lui
  • sono convinti che il loro ruolo non sia quello di fare “gli assistenti sociali”
  • non hanno mai abbastanza tempo

 

Alcuni invece manifestano un’indifferenza celata da partecipazione, si tratta di altri errori tipici che hanno in comune la mancata considerazione del proprio collaboratore:boss

  • parlano di se stessi e delle proprie esperienze pensando di aiutare
  • vanno direttamente alla soluzione (la propria!) del problema presentato dal collaboratore
  • pensano che aiutare sia FARE e non ASCOLTARE
  • giudicano apertamente il collaboratore screditandolo, mettendo sul ridere ciò che viene presentato.

 

Siete dei capi? Quali di questi errori commettete?

 

Quali errori invece commettono i vostri capi?

ALLA PROSSIMA!!