RISPONDI A QUESTA DOMANDA: FAI UN LAVORO CHE TI PIACE E CHE TI DA’ CERTEZZE?

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Confucio disse “fai un lavoro che ti piace e non dovrai lavorare un sol giorno nella tua vita”..

Utopia o realtà?

Domanda difficile, mi rendo conto..

Ma soffermiamoci per un momento a pensare al nostro lavoro, a come ci sentiamo quando inizia l’orario lavorativo, all’ambiente in cui lavoriamo, ai colleghi.

Se le sensazioni non sono così positive, forse c’è già una risposta.

Potrebbe essere successo che la strada che ci ha portato a fare il nostro attuale lavoro, non sia stata guidata dalla motivazione ma da altri fattori, quali spinte genitoriali, valutazioni logistiche, sicurezza, stabilità, status sociale.

Per molti anni la nostra società ha funzionato in base al criterio: finisco di studiare, mi trovo un lavoro serio; mi impegno e faccio carriera; vado in pensione. Ormai sappiamo, però, che questo bel piano non funziona più, nel tempo è diventato inadatto alle trasformazioni che la nostra società ha messo in atto negli ultimi anni.

Non solo.

Questa epidemia mondiale ci ricorda quanto sia incerto e in continuo mutamento il nostro mondo iper-connesso e sta mettendo in crisi le certezze “del posto fisso”.

Oggi più che mai le nostre carriere possono seguire traiettorie che non sono più lineari e semplici come un tempo, l’incertezza è un dato di fatto.

Come facciamo a trasformare l’incertezza in un vantaggio?

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Vediamo come.

Un primo passo è fermarsi (e adesso forse ne abbiamo tutto il tempo).. siamo sempre così impegnati a riconoscere gli aspetti materiali del nostro lavoro, da tralasciare quelli emotivi.

 

Sembrerà una frase fatta, però “se il successo non è la chiave della felicità, la felicità è la chiave per il successo”!

Un secondo passo è capire cosa ci piacerebbe fare, pensare ai nostri talenti, togliendo il pilota automatico, osservando attentamente il proprio ambiente e diventando pienamente consapevoli di cosa ci renderebbe felici.

Quando si inizia a guardarsi dentro con consapevolezza, si possono trovare nuove strade, o anche riconoscere (e quindi sfruttare) le occasioni che si presentano in ogni momento.

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Non possiamo aspettare che l’occasione della vita bussi insistentemente alla nostra porta, potremmo non coglierla mai anche se ci è passata accanto.

Al contrario, se impariamo a guardare con occhi positivi e proattivi, se ci chiediamo sempre “cosa c’è di buono per me in questa situazione”, le occasioni non verranno sprecate.

Non dimentichiamo però che ogni azione porta con sé dei rischi, è quindi sempre necessario fare una seria valutazione dei costi/benefici insiti in ogni decisione e scelta. Quali sono i benefici, ma anche quali sono i costi e i rischi che potrei dover affrontare in questa situazione?

Per farlo, è utile sviluppare competenze come curiosità, persistenza, flessibilità, ottimismo e assunzione di rischi. E, soprattutto, fiducia in se stessi, nelle proprie competenze e nella soddisfazione che il lavoro che stiamo facendo sia quello giusto per noi.

James Hillman, psicologo junghiano lo spiega con la metafora bellissima della TEORIA DELLA GHIANDA, nel suo libro Il codice dell’anima. Ne consiglio la lettura. Hillman sostiene che tutti abbiamo un talento innato che ci definisce e che aspetta solo di essere individuato, chiede di essere realizzato per portare felicità ed equilibrio nella nostra vita…

Cosa aspettiamo?

Abbiamo il lavoro giusto e tutte le competenze che ci servono per farlo al meglio?

Se la risposta è no, questi giorni di forzata “immobilità” possono essere il momento giusto per strutturare un piano e capire come ripartire per raggiungere il nostro lavoro ideale.

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Alla prossima!

articolo di  Yara Maria Bravo

 

 

COME MOTIVARE I COLLABORATORI?

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Si legge tanto su come raggiungere gli obiettivi, come gestire i collaboratori, come selezionare e mantenere in azienda i talenti…ma la vera difficoltà per un manager è riuscire a TENERE ALTA LA MOTIVAZIONE DEL PROPRIO TEAM.

Sappiamo bene (perché ci siamo passati) che il capo che ti dice “dovresti essere più motivato!” non aiuta, genera frustrazione, talvolta rabbia…e un collaboratore demotivato è poco performante e non raggiunge gli obiettivi – propri o di team.

Qual è il modo giusto quindi per motivare un collaboratore?

Oggi più che mai, in un momento sociale di crisi economica delle aziende, la motivazione dei collaboratori diventa uno scopo fondamentale e anche un problema, perché sino ad ora si è sempre ricorsi alla ricompensa monetaria. Non sempre però si possono applicare gli incentivi economici, inoltre le statistiche dicono che questi portano risultati modesti e nel breve periodo.

Quali allora le dritte per motivare?

Per arrivarci, ecco i risultati di un’altra indagine rivolta ad un certo numero di dipendenti, volta all’ottenimento delle cause della loro demotivazione in azienda. Alla domanda “cosa ti demotiva maggiormente in una giornata lavorativa?” ecco le risposte, in ordine di importanza:

  1. Il mio capo non mi ascolta. Fa sempre quello che ha in mente.
  2. Il mio capo ha un pessimo carattere, è aggressivo e incapace di fare apprezzamenti.
  3. Ci spreme e poi non mantiene le promesse.
  4. Non ci fa crescere, è poco delegante e trasferisce poco le sue conoscenze.

Mi soffermerei qui….

Cosa si può evincere da questi dati? Sembrerebbe che tutto parta dall’atteggiamento del capo.

MY FAULTDelusi? Perché?

In fin dei conti, se ci spostiamo in ambito sportivo, quando una squadra è poco performante, tutti sono d’accordo nel cambiare il coach..attribuendo a lui la responsabilità dei risultati del team.

Abbiamo avuto invece la possibilità di maturare una nuova e utilissima consapevolezza:

 

GRAN PARTE DELLA LORO MOTIVAZIONE DIPENDE DA NOI!

Chiediamoci allora:

–      Sono un modello per loro?

–      Si sentono importanti nel mio team?

–      Sono bravo a entusiasmarli?

–      Uso un linguaggio positivo e motivante?

–      Sono motivante nel mio comportamento e nelle mie parole?

 

Ecco allora qualche suggerimento per motivare lavorando sul proprio atteggiamento.

  1. DAI RILEVANZA A TUTTI:

RELEVANCEPer creare un ambiente motivante occorre fare il possibile per valorizzare il lavoro dei singoli assicurandosi che ogni collaboratore si senta utile e portatore di “valore aggiunto”. Non c’è cosa peggiore di sapere di fare un’attività poco utile, poco considerata, superflua o di basso interesse per l’azienda.

  1. DELEGA:

delegarI collaboratori che sono già formati e con un’alta seniority aziendale non sono contenti di avere il fiato sul collo o di essere considerati solo dei “passa-carte”. Troppo controllo a volte è controproducente perché avvilisce alcuni e ne deresponsabilizza altri. Dimostra invece ai tuoi collaboratori che ti fidi di loro, che sai che opereranno bene e comunque per il bene dell’azienda, intervieni solo se non raggiungono l’obiettivo che ti eri posto per loro.

  1. RICONOSCI I MERITI NEL MODO GIUSTO

GRATIFICAREIl lavoro del gruppo deve sempre essere valorizzato, apprezzato, monitorato. Gli apprezzamenti generici tipo “Bene!”, “Ben fatto!” e magari anche un “Continua così..”, vengono vissuti come una modalità paternalistica e non come invece il giusto feedback in una relazione professionale paritaria di reciproca stima. Il corretto feedback invece deve essere contestualizzato al risultato ottenuto o all’impegno messo in atto: “Sei riuscito a completare l’attività nonostante tutti gli inconvenienti accaduti, molto bene!”  oppure “il tuo comportamento durante la riunione è stato apprezzato da tutti e molto utile per analizzare la nostra situazione. Per favore, agisci sempre in questo modo!”.

Un buon riconoscimento fa sempre bene: non siate avari nelle lodi!

  1. FAI STARE BENE IL TUO TEAM

HAPPYTEAMPer far lavorare bene qualcuno occorre creargli un contesto sereno, sicuro e disteso. Le persone demotivate spesso lavorano in ambienti tristi o angoscianti. Assicuratevi di aver creato un ambiente giocoso e in cui nessuno si sente pressato o giudicato. Alcuni dipendenti producono poco perché si sentono giudicati nei loro errori e sono stati redarguiti pubblicamente. Create una zona “relax” con frutta fresca, svaghi o altro per consentire alle persone di “staccare” la spina e riprendere con maggiore slancio. Proteggili se sbagliano nei confronti delle altre aree aziendali o dei clienti: un team motivato ha bisogno di un capitano che lo “protegga” sempre.

  1. COMUNICA CON GENTILEZZA E RISPETTO

netiquetteComunicare con gentilezza e rispetto aiuta le persone a sentirsi accettate e sicure e instaura un rapporto basato sulla stima reciproca e sulla fiducia. Un ambiente di lavoro basato sulla paura di una reazione del proprio capo o peggio, sul timore di un’umiliazione non è affatto motivante. Le persone devono poter imparare dai propri errori e devono volere fortemente comprendere i meccanismi che le hanno portate a sbagliare. I modi sgarbati o gli attacchi frontali hanno come unico effetto la creazione di alibi del dipendente, spesso usati come difesa.

  1. DAI LORO UN ESEMPIO DA SEGUIRE

EXAMPLEIniziare la giornata con un bel “Buongiorno!”, con entusiasmo e trasferendo passione per il proprio lavoro è fonte di motivazione nonché di grande esempio. Delega il giusto, ma aiutali quando li vedi in difficoltà..questo li porterà a fare lo stesso fra loro e darsi supporto vicendevolmente. Mangia con loro, non rimanere chiuso in ufficio a lavorare, la condivisione è un momento importante e fornisce al team un modello di vita comune anche fuori del normale orario lavorativo.

Spero di aver fornito qualche utile spunto di riflessione e di azione.

Inizia domani, fai il giro degli uffici e salutali, verifica come stanno, come lavorano…osservali!

Alla prossima!

COME ALLENARE LA PROPRIA AUTOSTIMA

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Le radici della nostra autostima risiedono nella nostra infanzia, dove abbiamo appreso la consapevolezza di essere amati, ascoltati, accettati e riconosciuti dai nostri genitori.

Da piccoli, infatti, avevamo tutti una grandissima fiducia in noi stessi…chi ha figli piccoli può ancora sperimentare, divertendosi, il loro senso di onnipotenza (“vorrei fare il calciatore e l’astronauta!” , “vorrei fare il pittore e lo scienziato!”).

Il comportamento e l’incoraggiamento dei genitori è in tal senso fondamentale perché è da loro che il bambino apprende e costruisce la sua personalità, imparando anche a differenziare il concetto di sé (fare l’astronauta e il calciatore) dalla valutazione positiva di sé (autostima).

L’autostima è solo una parte di ciò che costituisce la totalità del benessere, ma è fondamentale ed agisce come se fosse una lente di ingrandimento messa al contrario che rimpicciolisce l’auto-percezione delle proprie risorse personali.

Cosa succede quando si ha una bassa percezione di sé?

low_self-esteemSuccede che l’idea che abbiamo di noi riesce a condizionare il nostro comportamento e le nostre aspettative verso noi stessi per “auto-confermarci” questa convinzione. L’effetto PROFEZIA CHE SI AUTOAVVERA è il risultato di questo processo ed è capace di generare un circolo vizioso che porta al peggioramento di uno stato interno già negativo in partenza che può quindi soltanto peggiorare: l’aspettativa di un fallimento apre la strada al fallimento che genera nuove aspettative di fallimento, ecc…

Come fare quindi se da adulti ci si ritrova con una bassa autostima?

La buona notizia è che gli esseri umani sono sistemi complessi adattivi, hanno cioè la capacità di cambiare, evolversi e adattarsi nella loro relazione con se stessi e con gli altri…per cui non è mai troppo tardi per allenare la propria autostima!

Poiché l’autostima è una percezione del proprio valore, delle proprie capacità e anche della calimero3propria unicità, si potrebbe iniziare a lavorare sulle convinzioni che ognuno ha di se stesso.

Talvolta si ha una bassa percezione del proprio valore solo in un contesto della propria vita (ad esempio nelle relazioni con il sesso opposto) ma per il resto si è soddisfatti.

Nel mio prossimo seminario del 16 aprile 2016 a Milano verranno presentate alcune tecniche per lavorare sul proprio valore personale rimuovendo gli schemi inconsci che generano l’effetto profezia che si auto-avvera.

Un’esperienza profonda che partirà dall’analisi di ciò che abbiamo vissuto nella nostra infanzia e che ha “minato” la nostra autostima, sino ad arrivare all’empowerment, ovvero alla riprogrammazione della propria mente per creare nuove consapevolezze e una visione positiva di se stessi.

Ecco la locandina!  seminario autostima

Vi aspetto sabato 16 aprile 2016!

Per info e iscrizioni: info@emmecistudio.net